«È necessario ragionare sui rischi che l’informazione sta correndo in questo momento storico» ha detto Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, ospite del workshop “Il giornalismo che verrà”
«È necessario ragionare sui rischi che l’informazione sta correndo in questo momento storico. Assieme alla sovrabbondanza di informazione digitale, che è spesso parziale perché risponde ad interessi politici ed economici, c’è un problema che riguarda anche le testate tradizionali e che è una deriva pericolosa che è in alto in questo momento: quella di puntare tutti in maniera ossessiva a rappresentare un punto di vista. È come se interpretare il proprio ruolo di giornalista fosse portare una visione chiusa di un mondo. Non credo sia questa la funzione di un importante giornale di informazione».
Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, ha aperto così il suo intervento, in video collegamento, rispondendo alle domande di Giorgio Romeo, direttore di Sicilian Post.
Proprio Romeo, in apertura dell’incontro Giornali e democrazia. Il ruolo dei media per stimolare il pensiero critico, nell'aula magna del Palazzo centrale, nell’ambito della V edizione del workshop internazionale “Il giornalismo che verrà” aveva posto numerosi interrogativi sui possibili rischi dell’informazione digitale.
«Le nuove generazioni preferiscono il web per informarsi, un’informazione spesso veloce non solo di giornali autorevoli – ha detto il direttore di Sicilian Post -. Come si fa a mantenere lo spazio di dibattito che i quotidiani hanno sempre avuto? Come è possibile tutelare la democrazia in questo contesto?»
«Un giornale non deve essere fatto per rappresentare le tue idee e quelle dei tuoi giornalisti» ha risposto il giornalista italiano, direttore dal 2015 del Corriere della Sera e autore nel 2018 del libro Un Paese senza leader. Storie, protagonisti e retroscena di una classe politica in crisi.
«Un giornale deve darti non solo una informazione verificata, ma anche uscire dal proprio punto di vista per portare un punto di vista che può sorprendere e dare un modo nuovo di interpretare la realtà – ha aggiunto -. La cosa peggiore è avere persone che la pensano tutte allo stesso modo e che non hanno sguardo critico sul mondo. Quello che diciamo al Corriere è bisogna fare un giornale che tutti possono leggere non che non dia problemi a nessuno, ma che deve essere un posto affidabile per l’informazione e il confronto di idee. In questo modo si difende la democrazia».
Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera
Il Corriere della Sera ha da poco presentato il settimanale Buone notizie dedicato al Terzo settore, tra storie di volontariato, associazioni e imprese sociali. Tra l’altro, nell’ultima uscita si è parlato anche di Catania e dell’orchestra Musicainsieme di Librino.
Luciano Fontana spiega che un «motivo anche pratico e strategico ci ha portato ad avere questa sezione. Ad esempio, la storia di Catania è una storia emblematica. Quando parliamo di buone notizie sono storie di cui non si parla, ma che sono molto rilevanti e che spesso incidono sulla comunità. In questo caso, l’orchestra modifica un quartiere difficile ed è importante capire quanto è rilevante tutto questo per i cittadini. Insieme alle ‘buone notizie’ sono anche ‘buoni esempi’ da replicare. Questo ha a che fare con la funzione civile del giornalismo: nel piccolo se si riesce a cambiare o a raccontare chi sta cercando di cambiare la realtà in cui vive, io credo sia una buona cosa.»
Anche se questa sezione risulta essere sfida difficile dal punto di vista editoriale perché «le buone notizie sono ordinarietà». «Bisogna saper rompere il pregiudizio che solo le cattive notizie funzionano, fare in modo che anche le buone notizie siano sostenibili economicamente. Questo si fa cercando di raccontare e inserire le buone notizie nel sistema, e questo significa andare controcorrente spesso in una maniera non semplice».
Luciano Fontana ha affrontato, infine, il tema delle nuove prospettive per i giovani che vogliono entrare nel mondo del giornalismo: «Il Corriere ha assunto 70-75 persone e quasi tutti giovani giornalisti - ha detto -. Queste assunzioni sono state legate moltissimo alla creazione del sistema digitale del Corriere».
«Sei anni fa abbiamo previsto un abbonamento per la versione digitale per garantire la stessa qualità che abbiamo sulla carta - ha aggiunto -. È nata la necessità di creare una redazione di giovani che avesse competenze legate al digitale. Assumiamo e abbiamo assunto giovani bravi giornalisti che abbiano anche competenze digitali, dalla costruzione del giornale web, al team che si occupa dei social network».