Femminismo e realtà virtuale fra tradizione e innovazione

Il percorso interattivo La stanza di Asterlizze e Ximu.la realizzato al Zō Centro culture contemporanee in occasione del festival Cantieri Intermediali

Elisabetta Maria Teresa Santonocito

Alcune storie rimangono chiuse in dei cassetti per anni, custodite dai fragili fogli di diario di giovani, donne e madri senza voce né rappresentazione. Ma, per qualche strano motivo, alcune di queste riescono a riemergere dall’oscurità e dall’oblio a cui erano state condannate. 

È il caso della storia ritrovata dalla regista Alba Maria Porto, che riguarda proprio sua madre. 

Ci troviamo nell’entroterra siciliano, in particolare nella Enna del secolo scorso, dove, in un tempo e in un luogo ritenuti ormai remoti e arretrati le femministe, portavoce di esigenze spesso messe a tacere, organizzano manifestazioni per rivendicare i propri diritti, primo fra tutti quello dell’aborto. 

Scoperto questo frammento di vita della madre, Alba Maria Porto decide di condividerlo. E, dall’incontro con le nuove frontiere della tecnologia, in particolare della realtà virtuale grazie alla collaborazione dello studio Ximu.la, immagina e mette a punto un nuovo metodo di ricerca-scoperta: indossati il visore e gli auricolari e stretto in mano il controller per afferrare gli oggetti nella VR, il ‘gioco’ può cominciare. 

Lo ‘spettatore’ si trova immerso nella realtà dell’epoca, dentro a una camera da letto che è chiamato a esplorare per scoprire la storia nascosta nei suoi oggetti. Le fotografie sulle pareti e sul comodino, la videocassetta, i vinili, ma soprattutto il diario, che si animano davanti allo sguardo incredulo dell’utente, rivelano frammenti di una vicenda che, montati insieme, ricostruiscono contesto e narrazione di una lotta per i diritti ancora tristemente attuale.   

La Stanza

Alcuni giovani ne "La Stanza" alla ricerca-scoperta grazie alla realtà virtuale

La tradizione femminista che dialoga straordinariamente con le nuove forme del medium teatrale potrebbe essere la chiave di volta per vincere anche le più strenue resistenze. Al di là della propria posizione ideologica, infatti, il fruitore è naturalmente portato a esplorare e scoprire, ‘smontando’ quasi l’assetto della stanza: finisce per cercare di sollevare il tappeto o di aprire le tende della finestra, perdendosi alla ricerca di segnali e reazioni o semplicemente abbandonandosi alla sua curiosità, alla corrente d’energia data dall’adrenalina della scoperta. 

A determinare l’efficacia dell’esperimento contribuisce soprattutto la possibilità per l’utente di scegliere come condurre la propria ricerca e quando interromperla, uscendo dalla porta della stanza. Come ‘cambiando canale’ egli assume il completo controllo della performance: l’esplorazione dell’ambiente acquista quindi una durata variabile, ma per lo più rapida, in accordo con le odierne modalità di fruizione.

L’illusione di realtà che si ottiene è massima, e avvince i sensi ‘teletrasportando’ l’esploratore in un’altra dimensione e in un’altra epoca: è un viaggio nel tempo e nello spazio, nonché fra i ricordi del Coordinamento Femminista di Enna del 1975. 

Come nel cortometraggio Grandma’s Reading Glass (G. A. Smith, 1901), in cui un bambino si diverte a esplorare il mondo attorno a sé ingrandendo con la lente della nonna oggetti e animali, allo stesso modo qui lo spettatore-esploratore torna bambino e, con un visore immersivo al posto di una lente d’ingrandimento, ritrova con successo la propria curiosità e il piacere della scoperta. Al termine dell’esperienza, ancora inebriato da quella voglia insaziabile di conoscenza, gli interrogativi si moltiplicano: “Cosa ne sarà di questa storia e della stanza? Le tende si (ri)apriranno? Se sì, cosa si potrà vedere dalla finestra? E se ad aprirsi, invece, sarà il sipario per un adattamento teatrale? Cosa scopriremo di nuovo?”.