Daniela Melfa, docente di Storia e istituzioni dell’Africa, è intervenuta al ciclo di seminari “Conoscere il mondo islamico”, ripercorrendo le tappe del federalismo e dei conflitti etnico-religiosi nel paese africano
«Di solito quando si parla di mondo arabo l’Etiopia non è il primo paese che viene in mente». Con queste parole Daniela Melfa, ordinaria di Storia e istituzioni dell’Africa al Dipartimento di Scienze politiche e giuridiche dell’Università di Messina e presidente dell’Associazione degli Studi Africani in Italia, ha aperto i lavori del terzo incontro del ciclo di seminari “Mondo islamico: guerre, diritti e manifestazioni artistiche”.
Un incontro – dal titolo Etiopia: periferia dell’islam? Federalismo e conflitti etnico-religiosi – che ha chiuso la prima parte dei laboratori dedicata ai “Conflitti” nell’ambito della decima edizione dei seminari didattici interdipartimentali dal titolo Conoscere il mondo islamico.
«Il titolo di questo incontro è un interrogativo indotto a spiazzare chi pensa al mondo islamico e non pensa all’Etiopia come un luogo significativo», ha aggiunto la docente nel corso del suo intervento nell’auditorium del Monastero dei Benedettini.
«L’islam in questo paese non è affatto marginale», ha precisato la prof.ssa Daniela Melfa che nei mesi scorsi ha condotto una ricerca nel paese africano grazie al programma Erasmus alla Madda Walabu University, nella capitale Robe in Oromia.
Un momento della visita della prof.ssa Daniela Melfa in Etiopia nell'ambito del programma Erasmus
La docente, nel suo intervento, si è soffermata sulle coordinate storiche dell’Etiopia proprio per far comprendere al meglio la situazione odierna e conflittuale del paese africano. E in particolar modo la prof.ssa Melfa ha posto l’attenzione sulla situazione religiosa dell’Etiopia che, diversamente da quanto si possa immaginare, presenta ancora oggi particolari conflitti tra cristiani e musulmani.
«L’Etiopia è stata storicamente la culla del cristianesimo in Africa e in particolare il regno di Aksum, storico regno situato nel settentrione dell’Etiopia, che ha adottato nel IV secolo la religione cristiana, un tratto caratterizzante anche dopo la caduta del regno nel X secolo – ha aggiunto -. L'unico episodio di pace si è verificato nell’anno 1615 quando i seguaci del profeta Muhammad sono stati accolti dal re di Aksum sulla base del fatto che cristianesimo e islam sono entrambe religioni monoteiste. Una situazione di collaborazione pacifica tra le due frazioni, ma solo temporanea».
Una nuova frattura tra le due religioni è avvenuta durante il XVI secolo quando il sultano musulmano di Adal, nel tentativo di espandere il suo regno si è scontrato con il piccolo regno cristiano sostenuto dai commercianti portoghesi. La docente, su questo punto, ha precisato che «di fatto i portoghesi si sono uniti al regno cristiano dando vita così ad uno scontro proseguito fino alla morte dell’imam Ahmad Ibn Ibrahim al-Ghazi nel 1543». «Da allora il regno cristiano è rimasto potenza egemonica nell’area», ha aggiunto.
Il quadro delle religioni in Etiopia
A seguire la prof.ssa Daniela Melfa si è concentra sugli altri due termini che costituivano il titolo dell’incontro: federalismo e conflitti.
Oltre ai contrasti tra musulmani e cristiani, infatti, l’Etiopia ha dovuto fare i conti con i processi successivi all’espansione. «Il territorio etiope ha preso forma solo nel XIX secolo dopo le guerre di confine sostenute principalmente da tre imperatori: Teodoro II, Giovanni IV e Menelik II – ha spiegato la docente -. Quest’ultimo ha fondato tra il 1870 e il 1889 l’attuale capitale Addis Abeba, ma la rapida espansione ha dato il via all’inclusione all’interno del nuovo stato-nazione di popolazioni diverse per lingua e religione, in particolare gli Oromo».
«A questo punto ha preso vita la faida più grande e lunga tra i gruppi dominanti gli Amhara e Tigrini – ha precisato la storica -. Con la conseguenza che il numeroso gruppo degli Oromo ha subito la amharizzazione e la cristianizzazione forzata per uniformare il nuovo Stato».
Tutto ciò ha provocato ovviamente frustrazione e conflitto all’interno del paese a cui si è aggiunto anche il problema della lingua della nazione.
Il 33,80% della popolazione, infatti, padroneggia come lingua madre quella degli Oromo, mentre solo il 29,10% parla l’amarico che però è la lingua dell'amministrazione e dell'insegnamento.
«Questo ha spinto gli Oromo a chiedere che il loro idioma venisse considerato lingua nazionale se non lingua ufficiale, richiesta che ad oggi non è stata accettata», ha detto la docente.
Il quadro delle lingue parlate in Etiopia
Nonostante queste situazioni l’Etiopia è diventata una Repubblica federale democratica nel 1991 dopo anni di conflitti civili (interni) e di confine (esterni) e nel 1994 si è dotata di una costituzione che chiarisce gli intenti di questa federazione. Sulla Costituzione si legge: “Il nostro comune destino può essere assecondato al meglio rettificando le relazioni storicamente ingiuste”.
Su questo punto la prof.ssa Melfa ha precisato che «il pluralismo interno alla nazione doveva essere garantito dalla federazione e addirittura, per evitare una guerra, lo statuto prevedeva il diritto di secessione». Un aspetto non secondario visto che oggi il territorio - secondo i dati del censimento del 2007 - conta il 44% di cristiani e il 34% di musulmani, mentre il restante 19% appartiene a chiese evangeliche.
«È altresì evidente che l’esperienza sul terreno aiuta a capire l’esclusione economica – ha detto la docente -. Molti emigrano perché le condizioni economiche non sono delle migliori, le strade non sono asfaltate, molti camminano a piedi nudi e si lavano nei fiumi perché non c’è acqua corrente e l’energia elettrica non è sempre disponibile».
La prof.ssa Daniela Melfa ha evidenziato che i rischi che si corrono viaggiando in questo paese sono presenti perché «tramite la criminalità si cerca di ottenere risorse che non si possiedono». E in chiusura di intervento, in merito al governo del paese, ha sottolineato che «la federazione, nata da un tentativo di contenere i conflitti, in realtà non è stata decisiva nel risolverli». «È stata una scommessa a cui gli etiopi credono, ma che viene smentita dai fatti – ha aggiunto -. Non è escluso che possa però essere il principio risolutore di tutta la situazione».
Un momento dell'intervento della prof.ssa Daniela Melfa
Conoscere il mondo islamico
“Conoscere il mondo islamico” è titolo dei seminari didattici interdipartimentali promossi dal Dipartimento di Scienze umanistiche e che quest’anno è giunto alla decima edizione.
Quest’anno il ciclo è dedicato al tema Mondo islamico: guerre, diritti e manifestazioni artistiche. Per celebrare questa ricorrenza le docenti organizzatrici, Laura Bottini (Storia dei Paesi islamici), Mirella Cassarino (Lingua e letteratura araba), Alba Rosa Suriano (Lingua e letteratura araba) e Cristina La Rosa (Lingua e letteratura araba, coordinatrice) hanno pensato di riproporre tre delle tematiche che, nei laboratori precedentemente svolti, hanno riscosso un particolare successo fra il pubblico degli studenti e la società civile.
Si tratta delle riflessioni sulle guerre in area vicino e medio-orientale, sulle donne e sui processi di emancipazione femminile e su peculiari aspetti della produzione letteraria e artistica.