Epigrafia Latina nell’era del digitale. L’importanza del supporto cartaceo

Intervista a Silvia Orlandi, professoressa di Epigrafia Latina de “La Sapienza” di Roma, intervenuta all'ultimo incontro del terzo ciclo di seminari de "I lunedì del classico"

Gabriele Cristiano Crisci

Sistemi intelligenti per analizzare e interpretare le fonti storiche, colmare lacune dovute alla mancanza di documentazione, formulazione di ipotesi basate su correlazioni che possono essere assunte come cause nelle ricostruzioni storiografiche. Questi sono solo alcuni dei risultati che siamo in grado di raggiungere oggigiorno.

E in questo quadro la collocazione della fonte storica materiale (epigrafica e iconografica) risulta ancora più difficile di quanto già non lo fosse decenni fa. Ma quanto risulta importante partire da quest'ultima per un'adeguata promozione e fruizione del patrimonio culturale, anche e soprattutto nell’era del digitale?

A questa domanda ha risposto Silvia Orlandi, docente di Epigrafia Latina presso l’Università di Roma “La Sapienza” e responsabile della banca dati EDR (Epigraphic Database Roma), relatrice dell’ultimo appuntamento del III ciclo di seminari de I lunedì del classico (vai all’articolo di approfondimento di Carlotta Fortuna).

Grazie allo studio delle carte contenute nell’Archivio di Epigrafia Latina “Silvio Panciera”, la professoressa Orlandi ha sottolineato come «tramite la simbiosi tra digitale e classico possa essere effettuato un recupero di nuove testimonianze considerate irrimediabilmente perdute».

I docenti Orazio Licandro e Silvia Orlandi nel corso dell'incontro al Monastero dei Benedettini

I docenti Orazio Licandro e Silvia Orlandi nel corso dell'incontro al Monastero dei Benedettini

I 65 anni di lavoro ininterrotto nell’immenso serbatoio pressoché inesauribile di scoperte che rappresenta l’Archivio “Panciera”, infatti, hanno portato alla creazione e aggiornamento di un contenitore ricco di scoperte e ricerche: negativi 6×6 realizzati con macchine fotografiche Hasselblad, schede autografe di Panciera (dal 1959 al 2005), calchi di iscrizioni, disegni dell’archeologo spagnolo Emilio Rodríguez Almeida (come quelli delle anfore del Monte Testaccio), e migliaia di schede compilate ed inedite.

«Senza una solida base tradizionale, fondata su carte e documenti d’archivio non può nascere il digitale». Così si è espressa Silvia Orlandi, evidenziando quanto sia necessario e fondamentale il ruolo giocato dal supporto fisico nelle valorizzazione – anche tramite il web e il digitale nelle sue tante declinazioni – del patrimonio culturale in ogni suo aspetto.

La docente ha continuato, ammettendo quanto «si sia persa l’importanza della ricerca epigrafica, soprattutto dell’aspetto che riguarda la “lunga durata” insita in tale ricerca».

La video intervista

Nell’intervista la professoressa Silvia Orlandi ha messo a fuoco come «alla base di una buona riuscita dei progetti digitali come EDR, c’è una buona conoscenza dell’epigrafia non digitale: ad esempio, un buon uso delle fonti tradizionali».