Mario Pirovano, attore per caso

Al Centro Universitario Teatrale, dove ha tenuto il seminario "Il teatro di fabulazione", ha raccontato la sua vita e carriera teatrale, dell'amicizia e sodalizio artistico con Dario Fo e Franca Rame

Chiara Racalbuto (intervista di Rita Re)

«Di solito si decide di fare l'attore: io no, non avrei mai pensato di fare questo mestiere. Mi è capitato addosso».

La vita di Mario Pirovano, attore teatrale e traduttore, è stata determinata dal caso.

Intervistato in occasione del seminario intensivo Il teatro di fabulazione, ideato e condotto con Giulia Piccione e patrocinato dalla Fondazione FoRame, che si è svolto al Centro Universitario Teatrale dell'ateneo catanese, il 24 e il 25 novembre scorsi, l’attore ci ha raccontato i suoi esordi, l'amore per il teatro, la lunga amicizia e il sodalizio artistico con Dario Fo e Franca Rame. In precedenza Mario Pirovano aveva tenuto, al Monastero dei Benedettini, un seminario dal titolo Dalle origini del teatro al teatro di tutti, curato dalla prof.ssa Simona Scattina, docente al Dipartimento di Scienze umanistiche dell'Università di Catania.

Nato nel 1950 a Pregnana Milanese, nella campagna lombarda, nel 1983 si trovava a Londra, dove si era trasferito dieci anni prima, svolgendo i lavori più disparati. Al teatro, Pirovano, non pensava proprio.

In quel periodo, sulle rive del Tamigi, ai Riverside Studios, Dario Fo e Franca Rame portavano in scena Mistero Buffo (vai all'articolo), che Michael Billington, critico di allora del The Guardian, definì “one of the finest one-man show I have ever seen”, uno dei migliori one-man show mai visti, in cui la satira si mescola al vaudeville e al mimo.

Per Pirovano, che assistette allo spettacolo, fu una folgorazione: «Da quel momento io diventai un’altra persona: mi innamorai follemente di quel tipo di teatro, che non conoscevo, e di Dario e Franca, persone e artisti eccezionali. Decisi così di seguirli, trasferendomi da Londra a Milano, entrando nella loro compagnia e vivendo con loro fino alla fine».

Un momento del seminario intensivo

Un momento del seminario intensivo Il teatro di fabulazione

Nella compagnia di Dario Fo e Franca Rame Pirovano era traduttore, comparsa, aiuto elettricista, aiuto macchinista, responsabile della diffusione del materiale editoriale, direttore di scena, assistente alla regia. Completamente immerso in un mondo in cui non aveva mai neppure pensato di entrare, l’attore imparò tutto: testi, scrittura, espressività, i trucchi del mestiere, fino a divenire un “fabulatore” eccezionale.

Scriverà di lui Dario Fo: “Mario Pirovano è un autodidatta di grandi qualità espressive. Per anni è stato ad ascoltare le mie esibizioni, ha seguito le lezioni e le dimostrazioni che davo ai giovani attori. Alla fine ha assimilato come un’idrovora tutti i trucchi e la “sapienza” del mestiere al punto da poter arrivare ad esibirsi da solo con grande successo”. 

Oltre all’incontro con due tra i più grandi drammaturghi e interpreti teatrali italiani, altri eventi eccezionali hanno trasformato la vita di Pirovano, trascinandolo sul palcoscenico come se fosse inevitabile, come se il “caso”, in realtà, altro non fosse che un destino già scritto: «dei ragazzini si stavano prendendo in giro in modo aggressivo. Così cercai di parlargli, ma vedendo che le mie parole non avevano effetto, iniziai a recitare “Il primo miracolo di Gesù bambino”, che catturò la loro attenzione. La sapevo tutta, dall’inizio alla fine. Era tutta nella mia testa. La loro provocazione mi trasformò in un attore».

La video intervista a Mario Pirovano

Una delle più famose giullarate di Mistero Buffo recitata a un gruppo di ragazzini segna così l’esordio di Pirovano, che da quel momento in poi non si fermerà più e porterà in scena da solo, nel 1991, l’opera teatrale del suo Maestro.

Un testo immortale e sempre attuale, come tutto il teatro di Fo: «i classici non muoiono” spiega l’attore, «le opere di Dario sono sempre attuali perché parlano di cose tangibili, in cui la gente immediatamente si riconosce».

Negli anni ’60, Dario Fo e Franca Rame stavano già studiando i contadini del nord Italia, sulla scia del grande interesse nei confronti della “religiosità popolare” suscitato da intellettuali e antropologi come Pitrè e De Martino quando, durante una tournée in Sicilia, entrarono in contatto con il testo “Le parità e le storie morali dei nostri villani (1884)” di Serafino Amabile Guastella, etnologo di Chiaramonte Gulfi, che descrive le tradizioni e il folclore delle campagne del ragusano.

Mario Pirovano in un momento della video intervista

Mario Pirovano in un momento della video intervista

Fu allora che la coppia si rese conto che nord e sud, all’apparenza così distanti non solo geograficamente, erano incredibilmente uniti, in realtà, dalle parità morali: «Così Dario chiude il cerchio, e la prima storia che scriverà sarà “La nascita del giullare” che racconta della disperazione di un villano che va a giornata a lavorare nei campi per conto del padrone e quando torna a casa è così distrutto da dire, con parole bellissime, la prima acqua che beve la terra è il mio sudore».

“Noi non abbiamo dignità, non possediamo nulla, non siamo niente, non contiamo niente” dice il villano, sposando, forse, il pensiero di tutti i “villani” del mondo.

«La meraviglia del teatro di Dario Fo sta anche in questo», sottolinea l’attore, «nell’aver dato voce e dignità agli ultimi».

Così, del resto, l’Accademia di Svezia motivò l’attribuzione, nel 1997, del Premio Nobel per la Letteratura: “A Dario Fo… che nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati. (…) Se c’è qualcuno che merita l’epiteto di giullare, nel vero senso della parola, questo è lui. Il misto di risa e serietà è il suo strumento per risvegliare le coscienze sugli abusi e le ingiustizie della vita sociale.”

Mario Pirovano insieme con gli allievi del seminario intensivo

Mario Pirovano e Giulia Piccione insieme con gli allievi del seminario intensivo

www.mariopirovano.itwww.fondazioneforame.org