Dell’Italiano parlato scritto Strumenti e ricerche

Al Monastero dei Benedettini, sede del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, un convegno dedicato all’Archivio Digitale dell’Italiano Parlato Scritto

Martina Seminara

«L’intenzione da cui muove il convegno è un bilancio del primo anno di ricerca sul progetto dedicato all’Italiano parlato scritto, varietà di italiano ipotizzata già da Nencioni nel 1976. Vi è, in effetti, da considerare quanto finora l’italiano sia stato studiato dagli storici della lingua letteraria prioritariamente in chiave letteraria: si tratta, dunque, di avvalersi degli strumenti della Sociolinguistica e della Storia della lingua odierna così da mettere approfonditamente a fuoco la formazione dell’italiano parlato, progenitore dell’attuale italiano neostandard, nel periodo cronologico esteso dall’Unità d’Italia all’avvento della televisione».

Con queste parole la professoressa Gabriella Alfieri dell’Università di Catania, tra i principali responsabili del progetto all’Archivio Digitale dell’Italiano Parlato Scritto ha aperto la due giorni di lavori nell’Auditorium del Monastero dei Benedettini, sede del Dipartimento di Scienze umanistiche.

«Qual è precisamente la ragione per cui far riferimento ad una lingua parlata scritta?», ha aggiunto ponendo il quesito la docente dell’ateneo catanese. «Ovviamente non possediamo testimonianze parlate di un’epoca priva di mezzi audiovisivi - prosegue - e abbiamo pertanto individuato una serie di generi testuali, quali il teatro, i galatei, libri per l’infanzia, epistolari, fumetti, fotoromanzi, dialoghi modello, opera di autori toscani, che in seguito alla riforma manzoniana, tramite la composizione fittizia di situazioni ideali del parlato, operavano la trasmissione del toscano vivo a tutti, come accaduto d’altra parte con le lingue straniere».

Per quanto concerne l’approccio di ricerca, la docente informa che «tali generi saranno studiati col fine di ricostruirne fenomeni linguistici quali l’uso di lui o lei soggetto, dislocazioni, usi della sintassi marcata e aspetti inerenti alla pragmatica situazionale, da tutti noi impiegata nelle interazioni quotidiane, dai complimenti alle imprecazioni, fino a qualsiasi ulteriore tratto linguistico che stabilisca comunemente rapporti comportamentali nell’atto della comunicazione».

Diversi i docenti catanesi coinvolti, tra i quali il consulente informatico Salvatore Arcidiacono, la studiosa di pragmatica Giovanna Marina Alfonzetti e, inoltre, Rosaria Sardo, che è intervenuta sui libri per l’infanzia.

Sul teatro si è, invece, espressa Daria Motta, così come su lessico e fraseologia in testi teatrali e non solo la professoressa Gabriella Alfieri.

Ed, inoltre, anche i ricercatori Giulio Scivoletto e Stephanie Cerruto, componenti del progetto Ardips che ha registrato la collaborazione di tre unità di ricerca rappresentate dagli atenei di Catania, Messina e Statale di Milano.

Referenti esterni intervenuti all’interno dell’occasione di confronto, il professore Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca e tra i primi ad indagare la lingua parlata dal 1300 al 1700, sin dallo studio del 1990, Sintassi del parlato e tradizione scritta della lingua italiana.

Ed, inoltre, la professoressa Raffaella Setti dell’Università di Firenze, che si è occupata di parlato pubblicitario e televisivo. Numerose le sue considerazioni su quanto, nell’alveo di tempo stabilito dal progetto, il parlato scritto letterario e teatrale «siano serviti da base e modello per le prime forme di trasmesso cinematografico e radiofonico che, solo dopo anni di ricerca e sperimentazione, conquistò una fisionomia ben definita e autonoma, divenendo oggi anch’esso modello per la scrittura».

È dunque sulle tracce di una lingua sempre più «fluida e viva» e di un parlato scritto «progressivamente affrancato da modelli canonici» a lungo propinati, diffusosi per mezzo della televisione e in seguito della rete, che il contributo della docente ha illuminato gli albori di cinema e radio.

Il professore Emiliano Picchiorri dell’Università di Pescara - Chieti, studioso di lingua parlata nei vocabolari ottocenteschi, è intervenuto a proposito della riproduzione dell’oralità in uno dei primi vocabolari dell’uso italiani, il Vocabolario della lingua parlata (1875) di Giuseppe Rigutini e Pietro Fanfani, ricco di frammenti di conversazioni quotidiane e strutture tipiche della sintassi orale. «Non solo: nelle definizioni è dedicata grande attenzione agli aspetti pragmatici della lingua, ad esempio a come si risponde mostrando stupore o insofferenza o a come interpretare gli usi ironici, suggerendo, dunque, strategie di gestione della conversazione».

Il docente ha evidenziato che «anche queste caratteristiche determinarono la grande fortuna del vocabolario»; nel 1875, infatti, i non toscani desiderosi del contatto con la lingua viva poterono disporre di una sua esemplificazione concreta rappresentata in centinaia di micro-conversazioni realistiche e «che insegnava a cogliere sottointesi o impliciti nel contesto dialogico».

«Non è escluso che tra un anno, ultimato il progetto Ardips, definito lo spoglio lessicale così come la marcatura dei fenomeni indagati sui testi oggetto d’esame, questa ricerca possa raggiungere proprie potenzialità didattiche funzionali anche all’insegnamento dell’italiano agli stranieri o alla comprensione», ha ribadito la professoressa Gabriella Alfieri che ha anche aggiunto come «la varietà di italiano parlato scritto sia in definitiva sempre esistita, di quanto la lingua italiana non sia mai stata semplicemente quella codificata, istituzionalizzata e canonizzata dalla letteratura».