Grazie alla sua vasta conoscenza del mondo del fumetto, Bruno Caporlingua ha illustrato il legame indissolubile tra uomo e animale nella storia della cultura occidentale e delle sue rappresentazioni
L’ultima edizione del ciclo Un tè al museo di Zoologia, che vede il contributo di studiosi o esperti di diverse discipline su temi scientifici e ambientali, si è aperta il 19 gennaio con un intervento sulla nona arte: il fumetto.
Il relatore Bruno Caporlingua, saggista e fumettologo, ha tenuto una presentazione dal titolo Gli animali antropomorfi nei fumetti, moderata da Fabio Massimo Viglianisi, responsabile delle attività didattiche del Museo di Zoologia e Casa delle Farfalle.
La scelta di parlare delle strisce disegnate all’interno del museo di Zoologia si lega al desiderio di approfondire il fenomeno della rappresentazione antropomorfizzata degli animali all’interno delle storie a vignette.
Sin dal Paleolitico
Grazie agli studi di paleoantropologia, risulta evidente come l’uomo abbia, da sempre, sentito la necessità di rappresentare gli animali. Nella sua introduzione, il prof. Viglianisi ha discusso di esempi di pitture rupestri, ritrovate all’interno delle grotte di Altamira in Spagna o di Lascaux in Francia, risalenti a 17 mila anni fa, realizzate dal nostro antenato Homo Sapiens.
La paleoantropologia, che studia l’evoluzione dell’uomo, conferma la presenza di una intelligenza simbolica, creativa e astratta nel cervello umano sin dalla sua forma antecedente ai sapiens. Le raffigurazioni rupestri ci raccontano di uomini affascinati dalla vita animale che li circondava, tanto da dedicarsi a incidere e disegnarne le forme e le movenze sulle pareti delle rocce.
Le immagini incise sono delle vere e proprie storie per immagini, con animali per protagonisti. Come non vedere in questo tipo di comunicazione visuale i prodromi di quello che, a partire dal XIX secolo, si svilupperà come arte del fumetto?
Le pitture rupestri di Lascaux
Antropomorfizzazioni letterarie
L’immagine disegnata è sempre stata per l’essere umano un veicolo comunicativo e un linguaggio narrativo semplice ma potente. Dai reperti paleolitici la creatività umana ha dato un’importanza primaria agli animali come soggetti centrali sia nell’arte visuale sia in quella letteraria. L’antropomorfismo infatti è una tendenza culturale che proietta caratteristiche umane in personaggi immaginari.
Paradigmatiche sono le favole greche di Esopo, fondanti nella letteratura occidentale, i cui personaggi – animali antropomorfizzati – incarnano vizi e virtù in storie moraleggianti. Nella letteratura, il filone antropomorfo continua per tutta la storia della cultura occidentale: Fedro in epoca romana, La Fontaine alla corte del Re Sole, George Orwell con il suo La Fattoria degli Animali, fino ai giorni nostri, con Geronimo Stilton.
Animali a fumetti
L’origine dei fumetti, invece, è più recente e risale alla fine del XVIII secolo, in Francia, quando iniziano ad essere distribuiti a un pubblico popolare gli imagerie d’Épinal, grandi fogli con riquadri che rappresentavano storie di santi o sovrani, o avventure di bambini, accompagnati da poche righe di testo, di stampo educativo.
Il 1895 viene considerato l’anno di nascita del fumetto negli Stati Uniti, quando i giornali iniziano a essere venduti con supplementi domenicali contenenti vignette disegnate. Caporlingua ha ricordato che già nello stesso anno, nel fumetto americano Yellow Kid, è presente un caso di antropomorfismo nella forma di un pappagallo parlante.
Da questo momento in poi si susseguiranno numerosi fumetti con animali per protagonisti: tra i più famosi And Her Name Was Maud, vignette su un’asina anarchica; Buster Brown (1906), sulle avventure di un bambino accompagnato da un cane parlante che incarna i pensieri dell’autore; e ancora, Mr. Jack, primo personaggio totalmente antropomorfo che raffigura le avventure quotidiane di una tigre in un mondo di tigri umanizzate, alle prese con i vizi umani, il fumo e l’alcool.
Mr. Jack
Transmediazioni
Con lo sviluppo del cinema, iniziano gli incontri tra le due arti del fumetto e dell’arte su grande schermo. Vengono trasposte le avventure di molti dei personaggi antropomorfi appartenenti all’immaginario fumettistico, in base al favore del pubblico.
Viceversa negli anni Venti, Mickey Mouse, l’iconico topo di Walt Disney, che nasce per il cinema, nella prima apparizione come Steamboat Willie, subisce presto la transmediazione delle sue avventure sui fumetti.
Negli anni Cinquanta, i funny animals dei fumetti americani diventano strumento di parodia e satira politica, come nelle antropomorfizzazioni di Walt Kelly. Nel frattempo, al cinema, avviene un continuo scambio tra l’audiovisivo e il fumetto, con gli animali della Metro-Goldwin Mayer, come Tom&Jerry, gatto e topo ormai per antonomasia, e con i Looney Toones, il coniglio Bugs Bunny, il gatto Silvestro e il canarino Titti della Warner Bros Animation.
Oltre ciò che appare
Ma i fumetti e le loro antropomorfizzazioni non sono solo parodiche o divertenti. L’artista francese Edmond Calvo, in La bête est morte!, nel 1944, li usa per raccontare la guerra appena vissuta, rappresentando satiricamente i nazisti come lupi, i francesi come conigli e gli italiani come iene.
È del 1986, sulla sua scia, Maus, l’opera a fumetti dell’artista ebreo Art Spiegelman, un icastico esempio di come il fumetto possa prestarsi in modo pregnante ed efficace a narrazioni crude, come quella del racconto dell’olocausto, con una storia che ha per protagonisti topi ebrei, gatti nazisti e maiali polacchi.
Gli animali, dunque, continuano a essere centrali nella capacità immaginativa umana, che li narra e li descrive a propria immagine e somiglianza, con caratteristiche e comportamenti propri, per divertimento, istruzione, satira, denuncia, per raccontare storie e far provare emozioni. Dall’epoca delle pitture rupestri del paleolitico fino ad oggi e chissà per quanto altro tempo ancora.
Un momento dell'intervento del relatore Bruno Caporlingua