Le memorie autobiografiche di Claudio Foschini diventano teatro grazie allo spettacolo “Un estremo atto d’amore” di Viren Beltramo andato in scena al Cut di Unict per il Catania Off Fringe Festival
Lo spettacolo racconta la vita di Claudio Foschini, detenuto. Una vita vissuta ai margini della società; una vita violenta, difficile, spaccato di un contesto culturale mai troppo distante. Foschini è figlio di due borseggiatori; dai piccoli atti delinquenziali di quartiere agli ambienti della malavita di lusso e della droga il passaggio è breve. Poi le armi, le rapine e il carcere.
Da lì, siamo negli anni ‘90, inizia il percorso di redenzione da cui non esce indenne nessuno, né i genitori, né le suore del collegio, né il carabiniere che voleva farlo parlare a botte. Nessuno, neanche lui, è assolto.
E a raccontarlo è il suo estremo atto d’amore.
Tutto ha inizio nel 2020 quando Viso, un collettivo audiofilo di Torino, vince il Premio Lucia indetto dall’Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano. Il prodotto vincitore è un radiodramma frutto di una lettura e uno studio sulle memoria di Claudio Foschini che i ragazzi del collettivo - Riccardo Salvini, Federico Pianciola e Luca Morino - scelgono come diario tra tutti quelli presenti nell’archivio.
Nasce dunque l’idea di trasformare questo radiodramma in un concerto live. I ragazzi sono dei musicisti professionisti, ma l’idea vira verso quella di farne uno spettacolo teatrale. Ecco allora che Riccardo Salvini contatta Viren Beltramo, sua ex docente di teatro al liceo, per farsi guidare in questo progetto teatrale, e lei entusiasta ne curerà la regia.
Un momento dello spettacolo “Un estremo atto d’amore”
Nasce così lo spettacolo Un estremo atto d’amore che, nei giorni scorsi, ha ingabbiato il pubblico del Centro universitario teatrale nell'ambito del Catania Off Fringe Festival.
Il sound design esafonico, gestito direttamente sul palco dal tecnico del suono Luca Morino, rimanda ad una esperienza immersiva che avvolge attori e pubblico dentro una stessa esperienza sonora fatta di voci, rumori e musica che accolgono gli spettatori nella gabbia emotiva e mentale del protagonista dalla quale lui non riuscirà mai ad evadere.
Riccardo Salvini reinterpreta le parole di Claudio Foschini; parole aspre, vere. Lo sguardo e la voce ci restituiscono un Foschini sempre diverso: bambino spaventato con la vita segnata da quella sua prima traumatizzante esperienza in collegio. Lo sguardo muta e con lui il timbro, il ritmo e il corpo.
Foschini diventa un adolescente che per vivere conosce solo i metodi che gli hanno insegnato i suoi genitori: rubare. Ruba, delinque e poi si droga, si innamora e diventa padre, ma la sua voglia di emanciparsi da un destino segnato sbatte contro le grate della gabbia dentro la quale è destinato a vivere. Un destino che non è il suo, ma che forse la società gli ha affibbiato per essere nato nel posto sbagliato, da genitori sbagliati e per avere incontrato sempre gente sbagliata.
Un momento dello spettacolo “Un estremo atto d’amore”
In nome del popolo italiano è il libro, tratto proprio dal diario di Foschini, da cui sono state estrapolate tutte le parole che compongono lo spettacolo. «Un testo di un’onestà disarmante – racconta la regista Viren Beltramo – quando finisci di leggerlo ti sembra di avere un amico in più per quanta onestà ti arriva da queste memorie, anche se scritte con una terza media presa in carcere».
Claudio Foschini è tra quelli che prenderanno parte al primo gruppo in Italia che farà teatro in carcere, diventando così testimone del primo tentativo di passaggio da carcere punitivo a carcere riabilitativo. Quel gruppo portò in scena la cosiddetta Antigone dei detenuti di Rebibbia.
«Per lui è stata un’esperienza rivoluzionaria – continua Viren Beltramo – fare teatro in carcere lo ha spinto a scrivere queste memorie da cui abbiamo tratto ogni parola dello spettacolo. Anche noi nel nostro spettacolo abbiamo voluto dialogare con Antigone l’opera di disobbedienza civile per eccellenza».
Un momento dello spettacolo “Un estremo atto d’amore”
Ma è il corpo del giovane attore, guidato dalle mani sapienti e sensibili della regista a comunicare il non detto. A tradurre le inquietudini, le paure, il dolore di un uomo e del suo percorso di vita. Mani che si contorcono, occhi che fanno paura, spasmi, tremori.
Una escalation fisica che accompagna quella intima con una sola battuta d’arresto, struggente, affidata alle note di Amara Terra Mia, di Modugno, cantata alla luna da dietro le sbarre di una cella dentro cui sono rinchiusi corpi e speranze.
Una versione, quella di Salvini, accompagnato dalla chitarra elettrica di Federico Pianciola, lacerante ma romantica che svela la sua natura di cantante prestato, meritatamente, al teatro.
Una storia che merita di essere raccontata e ascoltata vista, in questo caso, in tutto il suo spaventoso dolore perfettamente reso in scena dalla combinazione di recitazione e musica, di light design e regia, una storia nera.
«Foschini – conclude la regista – non è riuscito a staccarsi dal ruolo a cui la società lo aveva condotto, nel nostro lavoro di ricerca e sintesi abbiamo provato a trovare l’equilibrio giusto per andare più in profondità possibile e rispettare la verità».
In foto da sinistra Federico Pianciola, Riccardo Salvini e Luca Morino