Intervista a Luigi Siniscalchi, tra i fumettisti più rilevanti della Sergio Bonelli Editore, presente a Etna Comics 2024
A Etna Comics 2024, nella sezione del padiglione dedicata ai fumetti, tra la classica afa estiva siciliana e i tanti accorsi alla manifestazione, vi era anche lo stand della Sergio Bonelli Editore, la fabbrica dei sogni che da ottant’anni accompagna i lettori italiani con i suoi personaggi evergreen.
Tra i disegnatori presenti Luigi Siniscalchi, in arte Luigi Sinis, che ha concesso una intervista a UnictMagazine.
Come hai iniziato la tua carriera da fumettista?
«Ho da sempre disegnato e letto fumetti, così ho messo insieme entrambe le cose e ho cominciato a mostrare i miei disegni ad un artista che era già affermato, Giuliano Piccininno (Alan Ford), il quale mi ha dato delle dritte su come tecnicamente andare avanti. Così dopo una prima fase da autodidatta sono stato seguito da lui e dalla Scuola Salernitana. Ho affinato la mia tecnica e ho cominciato a lavorare su fumetti di diverso genere, con Masters of Universe, fumetti erotici, l’allora palestra per i disegnatori esordienti, splatter…».
Poi sei è approdato in Bonelli…
«Sì, mostrando le mie tavole di prova di Dylan Dog. Ho chiesto appuntamento a Tiziano Sclavi, il papà di Dylan, e dopo una serie di prove e tentativi ho iniziato a disegnare il mio primo episodio intitolato I killer venuti dal buio. Le prime sedici tavole di prova facevano parte proprio di questo volume. Questo è stato un periodo in cui Sclavi mi è stato molto dietro perché ogni personaggio ha le sue caratteristiche e, anche se io leggevo Dylan Dog, ascoltare i consigli del suo creatore era decisamente una risorsa inestimabile».
Ti sei occupato soltanto dei disegni o anche delle sceneggiature di alcuni volumi?
«Il mio lavoro in casa Bonelli è quello di disegnatore, esiste il ruolo dello sceneggiatore, del letterista e del colorista, è un ambiente abbastanza settorializzato. Come disegnatore ho lavorato per lo più sul bianco e nero, a parte un periodo per cui ho lavorato per l’Intrepido, dove ho fatto delle storie libere a colori».
Il Dylan Dog di Sinis
E la serie a fumetti de Il commissario Ricciardi, edita da Bonelli dal 2017?
«Si stava creando questo staff di disegnatori partenopei su scelta dello scrittore De Giovanni, perché voleva disegnatori e autori che fossero del territorio. Ho trovato questa scelta molto sensata, come ho capito successivamente, per raccontare delle storie di un certo tipo devi esserci cresciuto in quell’ambiente. Ad esempio, il barocco catanese è diverso da quello napoletano».
Com’è stato lavorare insieme a questo team di artisti partenopei?
«Al giorno d’oggi la difficoltà non esiste più, perché tramite internet si fa di tutto. Abbiamo fatto un paio di riunioni a Napoli, dove lo stesso scrittore ci ha chiesto i characters dei personaggi. La vera difficoltà era quella di illustrare storie dove il personaggio era già affermato; molti lettori seguaci di De Giovanni avevano fatta loro un’immagine precisa del protagonista attraverso i libri. La responsabilità da parte mia era fare qualcosa che convincesse il lettore e si allontanasse dalla somiglianza con Lino Guanciale, interprete del commissario nella serie tv RAI omonima. Bisognava tracciare le linee per renderlo vivente. Ma come in ogni lavoro le difficoltà servono ad uscire dalla propria zona comfort e a migliorarsi sempre più, altrimenti tutto sarebbe troppo semplice e piatto».
Qual è stato il lavoro che ti è piaciuto di più fare in questi anni, quello che ti ha dato più soddisfazione?
«Non posso scegliere, qualsiasi personaggio che ho disegnato, e li ho disegnati praticamente tutti: Julia, Martin Mystere, Dylan Dog, Nick Rider. Ognuno ha la propria personalità, è come chiedere a quale dei tuoi figli vuoi più bene. Inoltre, ogni personaggio ha seguito un tratto della mia vita. Sicuramente Dylan Dog è il personaggio a cui sono più legato, sia perché sono nato in quegli anni sia per la sua disillusione del mondo e il suo essere contro il sistema; sento che mi somiglia parecchio per la sua impostazione mentale, anche se lui ha momenti molto più cupi. Di Dylan Dog mi piace soprattutto l’ironia, è uno di quei fumetti in cui nonostante si trattino temi che sembrano semplici, c’è sempre una sottotrama, una seconda chiave di lettura che ti porta a ragionare».
Il maestro Luigi Sinis all’opera durante una dedica su uno dei volumi de Il commissario Ricciardi
Per quanto riguarda la fruizione del fumetto, hai notato un cambiamento da quando hai iniziato la tua carriera?
«Sì, devo dire che nel tempo è cambiato il modo di concepire il fumetto. Ma il mondo di cui faccio parte è quello del cosiddetto fumetto popolare, di un genere ben preciso e per questo è rimasto costante. Tex sarà sempre Tex, le tre strisce saranno sempre tali. Ovviamente Ricciardi ha una griglia molto più libera, piena di inserts di vignette; ci è stato chiesto di liberarci dei canoni e di dare importanza a determinate scene, al contrario di Julia di Giancarlo Berardi, molto rigido per l’impostazione della pagina e della sceneggiatura, oppure dei testi e delle disposizioni di Gianfranco Manfredi, anch’egli poco flessibile per necessità di trama. Il fumetto si rifà sempre più al cinema, ad esempio quello delle sorelle Giussani è un cinema degli anni Sessanta-Settanta, dove si dava molta importanza alla moda e alle sceneggiature lineari».
Quali sono le tue principali fonti d’ispirazione?
«Mi piace molto il cinema neorealista: Rossellini, De Sica… sono anche in bianco e nero e somigliano molto al mio genere di fumetto. Questi film hanno sempre qualcosa di interessante da studiare, da rubare. Ho lasciato che le letture e le mie passioni definissero me stesso, mi sono formato negli anni Settanta, ammiro disegnatori del calibro di Alex Toth e Montgomery Flagg, che mi hanno insegnato a dare un senso all’immagine che sto descrivendo. Il mio intento è quello di far capire la storia senza l’uso dei dialoghi, che dovrebbero essere marginali in un fumetto. Assorbo da tutto: mi piace il cinema, il fumetto, l’illustrazione, qualsiasi cosa può essere di ispirazione».
Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono approcciarsi al mondo del fumetto?
«Consiglierei di leggere molto, la lettura apre nuovi orizzonti e insegna tanto anche nel disegno, di avere un’ampia apertura mentale e, soprattutto, di assorbire tutto ciò che ti circonda. Se ci credi tu, ci credono anche gli altri».