A dirlo è Marisa Scavo, procuratore della Repubblica aggiunto del Tribunale di Catania, intervenuta alla lezione inaugurale del corso “Eguaglianza, donne e diritti”
«Ancora oggi non è del tutto sufficiente il tempo dedicato a discutere sulla piaga del femminicidio che purtroppo continua ad essere d’attualità nella società di oggi. Non dobbiamo sottovalutare il fenomeno e ognuno di noi deve fornire il proprio contributo, anche se piccolo, per arrivare a quel cambiamento culturale necessario affinchè non assistiamo più a casi di femminicidio».
Ha aperto così Marisa Scavo, procuratore della Repubblica aggiunto del Tribunale di Catania, nell’aula magna di Villa Cerami, la lezione inaugurale del corso Eguaglianza, donne e diritti del Dipartimento di Giurisprudenza.
«Non bastano gli interventi normativi per debellare questo fenomeno, anche se il legislatore ha adeguato più volte le norme in Italia, occorre un cambiamento culturale che passa proprio attraverso voi giovani, le scuole e soprattutto le universitarie, quest’ultime rappresentano i tempi della cultura e della formazione per eccellenza delle future generazioni», ha aggiunto nel corso dell’incontro L’evoluzione giuridica in materia di violenza di genere dal codice Rocco ai nostri giorni.
«Oltre allo studio del fenomeno sociale della violenza di genere, occorre un intervento strutturale su questa società e non soltanto occasionale – ha spiegato -. E per fare ciò occorre lavorare nelle scuole di ogni ordine e grado e far capire come si vive un rapporto affettivo sano perché purtroppo i gesti di prevaricazione ancora oggi non sono compresi del tutto».
In foto da sinistra Adriana Ciancio, Marisa Scavo e Rosalba Sorice
«Eppure sono i primi campanelli d’allarme indicativi di un rapporto affettivo malato – ha aggiunto la dott.ssa Marisa Scavo -. Occorre educare i propri figli, maschi e femmine, far capire i segnali di una relazione malata e tutti quei comportamenti prevaricanti. Vi è una sottocultura sociale in tutti gli strati sociali, occorre pertanto intervenire adeguatamente sui propri figli».
«Il codice Rocco aveva visione sessista in quanto, ad esempio, puniva la donna per il reato di adulterio e al tempo stesso “tutelava” l’uomo – padre, marito o fratello – che commettevano un delitto d’onore con pene risibili oppure quei delitti di violenza carnale o atti di libidine che prima erano inseriti tra quelli della morale pubblica e non contro la libertà personale», ha tenuto a precisare il procuratore della Repubblica aggiunto.
«Inutile negare che ancora oggi in Italia non vi è un’adeguata formazione anche nel campo dell’avvocatura davanti a queste tipologie di reato e non a caso il nostro Paese viene condannato con diverse sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2021 e 2022 per il linguaggio sessista utilizzato in alcuni casi dall’organo giudicante italiano», ha aggiunto.
«Si tratta di sentenze in cui, così come riporta la Corte europea dei diritti dell'uomo, si evince una vittimizzazione secondaria della sentenza che porta la donna a non denunciare i reati di cui è vittima – ha precisato -. L’evoluzione normativa si è registrata anche nel campi del Diritto civile in cui vi era ancora una concezione patriarcale della famiglia in cui il marito poteva ricorrere allo ius corrigendi nei confronti della donna, una situazione sostenuta dalla Corte di Cassazione fino agli anni Cinquanta del secolo scorso».
Studenti e ricercatori presenti all'incontro
«La vera rivoluzione è arrivata nel campo del Diritto di famiglia nel 1975 con la completa equiparazione dei diritti e dei doveri di entrambi i coniugi – ha aggiunto -. Una evoluzione normativa che si è completata nel 2014 con l’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul, ampiamente riconosciuta come lo strumento giuridico più ambizioso volto a prevenire e combattere la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica quali violazioni dei diritti umani».
«Da quella convenzione si sono susseguiti una serie di norme importanti in materia anche se in Italia esiste una legislazione adeguata anche se perfettibile in merito ai reati di stalking, violenza domestica, allontanamenti e divieti di avvicinamento dei soggetti violenti su chi ha subito violenze», ha detto la dott.ssa Marisa Scavo.
«A tutto ciò si aggiungono quelle forme di violenze economiche e psicologiche che la donna subisce ad opera del proprio partner – ha detto in chiusura di intervento -. Soprattutto nel Meridione la donna, non del tutto emancipata, è vittima del partner che ne controlla le spese o, se lavora, deve consegnare i guadagni al marito che, in alcuni casi, sperpera tutto in spese familiari e non come ad esempio ludopatie e tossicodipendenze».
In apertura le docenti Adriana Ciancio e Rosalba Sorice, titolari del corso “Eguaglianza, donne e diritti” del Dipartimento di Giurisprudenza, hanno evidenziato che la «violenza di genere va analizzata sotto tutte le declinazioni e non solo da un punto di giuridico».
«Occorre fare cultura principalmente, soprattutto tra i giovani, visto che la violenza genere ha risvolti psicologici e psichiatrici e anche giuridici», hanno aggiunto.