Alessia Piperno racconta la sua storia e il romanzo autobiografico d’esordio
«Un libro permeato di vita in ogni pagina». Così Simone Dei Pieri, moderatore di un incontro che si è tenuto il 5 ottobre scorso alla libreria Feltrinelli di Catania, nonché direttore del Catania Book Festival, ha descritto il romanzo autobiografico d’esordio di Alessia Piperno, Azadi! Un diario di viaggio, prigionia e libertà, pubblicato per Mondadori esattamente un anno dopo l’incarcerazione della viaggiatrice romana nella prigione di Evin, a Teheran.
Nello stesso carcere, che è uno dei luoghi di detenzione più duri al mondo, il nuovo premio Nobel per la pace, l’attivista per i diritti umani Narges Mohammadi, sta attualmente scontando una condanna a dieci anni per aver osato sfidare la repressione del governo iraniano.
Partendo dalla sua infanzia e dalla sua veste di bambina ribelle e avventurosa, l’autrice ha raccontato a un pubblico attento la vita che ha preceduto il fatto di cronaca che l’ha resa, suo malgrado, nota in tutta Italia: una vita sempre in volo o in sella ad una moto per esplorare posti sconosciuti e scoprire nuove parti di sé, poi cambiate irrimediabilmente il 28 settembre 2022, giorno del suo trentunesimo compleanno e del suo arresto, in seguito all’accusa di spionaggio, da parte della polizia iraniana.
Alessia Piperno ha evitato i dettagli più scabrosi e violenti della sua prigionia, e si è soffermata piuttosto su momenti e gesti banali che, in una situazione anomala come quella che stava vivendo, sono diventati straordinari: poter telefonare alla madre per la prima volta, fingere di leggere il futuro su dei pezzettini di carta.
L’autrice ha inoltre ricordato con affetto gli amici con cui si era recata a Teheran e le sei compagne di cella, con le quali ha condiviso non soltanto una piccola porzione di spazio, ma soprattutto la disperazione, l’esperienza alienante della detenzione in una cella di isolamento e il desiderio di mantenere la propria umanità in un contesto brutale, privo di speranza.
Alcuni di loro, ha aggiunto Piperno citando il suo amico Louis Arnaud, aspettano di rivedere la luce del sole e di riconquistare la libertà perduta.
E se alcuni sono riusciti a lasciarsi alle spalle la prigione, per altri la scarcerazione è finita per ricominciare subito dopo.
Un momento della conversazione tra Alessia Piperno e Simone Dei Pieri
Si tratta di una storia destinata a ripetersi fino a quando nel paese vigerà il regime dell’ayatollah Ruhollah Khomeyni e della guida suprema in carica Ali Khamenei, che condiziona soprattutto la vita delle donne iraniane di ogni età.
Donne alle quali viene impedito di studiare, ascoltare musica, guidare e persino andare in bicicletta o possedere un animale domestico.
Donne, come alcune delle ex compagne di cella di Piperno, che non potranno mai leggere il libro a loro dedicato, considerato eversivo poiché critico nei confronti delle politiche iraniane. Nonostante tutto, la lotta di queste donne per la riconquista dei loro diritti fondamentali non si ferma, anche a costo di morire.
Donne che continuano a gridare il loro canto di libertà – ‘Azadi’ in curdo significa proprio libertà – affinché le cose cambino e nella speranza che il mondo non dimentichi le violenze che sono costrette a subire quotidianamente.
Alla luce di ciò, l’autrice ha espresso assoluta riconoscenza al governo italiano per averle salvato la vita e per essere stato vicino ai suoi familiari, prima e dopo la prigionia. È anche per questo motivo che Piperno, durante la parte più toccante della presentazione, ha invitato le donne e gli uomini presenti in sala a prendere coscienza del privilegio di essere liberi; un privilegio che non può né deve essere dato per scontato, perché rappresenta il bene più prezioso che un essere umano possa possedere.
Oggi Alessia Piperno vuole liberarsi dell’etichetta della ‘viaggiatrice incarcerata in Iran’– come recita la fascetta apposta sulla copertina del suo libro – e scrivere romanzi basati sulle sue esperienze in giro per i continenti, documentati sul suo profilo Instagram.
Un momento del racconto di Alessia Piperno
Al termine della presentazione e di un partecipato firmacopie, l’autrice ha concesso una breve intervista.
La tua storia è stata raccontata sui giornali, sui social, da più fonti: cosa si prova a condividerla in giro per l’Italia finalmente in prima persona?
«Sicuramente sono felice di raccontarla per la prima volta con la mia voce e con le mie parole poiché, durante la mia assenza, sono state dette tante bugie sul mio conto, come ad esempio che io fossi stata arrestata perché mi era scaduto il visto o perché non indossavo correttamente il velo; entrambe supposizioni non vere – ha spiegato la scrittrice -. Ciò che provo è un senso di liberazione e al tempo stesso di responsabilità nel far conoscere quanto succede a quattro ore d’aereo dalla nostra Italia. Credo che la conoscenza e la consapevolezza siano il primo passo per il cambiamento».
Com’è stato, durante la stesura di Azadi!, ricordare la tua prigionia nel carcere di Evin?
«Scrivendo ho provato un senso di liberazione, appunto. È stato un processo terapeutico che mi ha aiutata a elaborare il trauma: alla fine di ogni capitolo, sentivo di lasciare andare un piccolo pezzo di questa esperienza – ha aggiunto -. Quando ho consegnato il libro completo, mi sono sentita più leggera, nonostante sia consapevole che questa ferita farà sempre parte di me. Ciò che conta è non permettere al passato di condizionare il mio presente, il mio modo di essere».
Dove hai trovato la forza di continuare a viaggiare per il mondo nonostante ciò che ti è accaduto?
«Nell’amore che io provo per il viaggio. Niente e nessuno può portarmi via i miei sogni. Non smetterò mai di viaggiare, fa parte di me: se io mi fermassi, non sarei più Alessia. L’esperienza che ho vissuto non ha assolutamente cambiato i miei sogni, li ha soltanto resi più forti. Non si tratta di trovare la forza, ma semplicemente di seguire il proprio cuore e di continuare a fare ciò che più si ama», ha precisato.
Azadi! è dedicato alle donne che hanno condiviso con te i quarantacinque giorni di prigionia, in particolare a quelle iraniane: in che modo si può sostenere da lontano la loro lotta per la libertà?
«Purtroppo l’unica cosa che possiamo fare è parlarne, rimanere sempre informati, spargere la voce affinché tutto il mondo sappia cosa succede, a pochi passi da noi, ai moltissimi cittadini iraniani che, come i nostri partigiani, lottano ogni giorno per cercare di combattere la dittatura», ha detto in chiusura.