Nell'ambito di Piaceri Day 2024 sono stati numerosi i progetti presentati. Tra questi Vis in Musa, Memorie d'artista, Postyt, Geco_Act e Gioie
Esiste un campo di studi che parla di noi, in cui si intrecciano i fili della mente umana, delle relazioni sociali, dell’arte, delle culture e delle storie che hanno plasmato il nostro mondo: è il dominio delle scienze sociali e delle discipline umanistiche, un panorama intellettuale vasto e variegato che esplora pensieri, emozioni, comportamenti e, complessivamente, la dimensione individuale e sociale degli individui.
In occasione di Piaceri Day, la giornata dedicata alla presentazione dei risultati ottenuti dai progetti finanziati su fondi di ateneo con il Piano Pia.Ce.Ri 2020 (Piano di Incentivi per la Ricerca di Ateneo), che si è svolta l’11 luglio al Monastero dei Benedettini, alcuni ricercatori afferenti al campo delle Scienze sociali e delle Discipline umanistiche ci hanno raccontato i loro progetti di ricerca.
Dalla museologia all’archeologia, dall’arte al giornalismo, le ricerche condotte hanno raggiunto risultati importanti per il miglioramento dell’inclusione, per la definizione dei processi alla base della creazione artistica, per la comprensione delle dinamiche sociali e per l’analisi del comportamento umano a partire dallo studio di antiche civiltà.
In video alcuni prototipi illustrati al Piaceri Day 2024: SENSING - Sensori Ecologici per una Società Green, a cura dei Dipartimenti DICAR e DIEEI, presentato in video dal prof. Carlo Trigona, docente di "Misure elettriche ed elettroniche". MMSAL - Nuovi materiali molecolari “salen-type” per il “sensing” di basi di Lewis e cationi metallici, a cura del Dipartimento DSC, presentato dal ricercatore in "Fondamenti chimici delle tecnologie" Ivan Pietro Oliveri. EURIPEN - Dall’Europa del populismo penale all’Europa dei diritti fondamentali: la riscoperta della funzione rieducativa come essenza riformatrice del sistema sanzionatorio per le persone e per gli enti, a cura del Dipartimento di Giurisprudenza, presentato in video da Marco Mazzullo, dottore di ricerca in Diritto Penale.
Vietato non toccare: il museo per tutti
Il progettoVis In MusA - Visibile e Invisibile: percorsi Interdisciplinari per una fruibilità diffusa dei beni Museali. Ricerca-azione per una didattica Inclusiva, curato dai dipartimenti di Scienze della Formazione, Scienze politiche e sociali e Ingegneria civile e Architettura e coordinato dalla prof.ssa Paolina Mulè (Disfor), si è concentrato sull’aspetto inclusivo della museologia e della museografia, abbracciando una visione che vede il museo come un centro di educazione, di produzione e promozione culturale di cui tutti, anche le persone con disabilità, devono poter usufruire.
La ricerca si è concentrata, in particolare, sullo sviluppo di approcci metodologici innovativi per la conoscenza visiva e tattile di beni museali (conservati sia in maniera visibile e fruibile, sia in modo “invisibile”) e sulla sperimentazione di interventi in grado di potenziare l’offerta educativa.
«Abbiamo definito un parametro di ricerca che è quello delle opere invisibili o assenti – spiega la dott.ssa Concetta Luana Aliano (Dicar) - dove “invisibile” non è semplicemente l’opera scomparsa, ma anche un’opera non musealizzata, quindi rimasta nei magazzini, o un’opera che, pur essendo esposta, ha perso la capacità comunicativa con il sito di provenienza, perché probabilmente è un sito di cui si sa poco».
Un esempio è costituito dalla Cappella palatina normanna di Noto antica, di cui rimangono solo rovine, che è stata appositamente ricostruita: «Abbiamo lavorato sul sito - prosegue la Aliano - dove abbiamo fatto il rilievo di ciò che rimane della cappella, e poi abbiamo realizzato una ricostruzione prima digitale e poi tattile, con l’utilizzo di una stampante 3D, in modo tale che il modello possa essere esposto e poi montato, smontato e rimontato, con l’obiettivo di rendere il patrimonio museale accessibile e inclusivo per tutti, a prescindere da eventuali disabilità. L’imperativo è: Vietato non toccare».
I modelli progettati, tutti smontabili, avranno anche un chip, pensato per le persone con disabilità sensoriali. L’obiettivo è un’inclusione totale, che elimini ogni differenza di accesso ai musei.
Memorie d'artista: un viaggio nel cuore del processo creativo
ConMemorie d’artista – Tra performing art e visual culture, per una mappatura digitale dei percorsi creativi, progetto di ricerca condotto dal Dipartimento di Scienze umanistiche, è stato possibile documentare il processo creativo degli artisti (performer, drammaturghi, registi, attori attrici).
«Le performance sono atti effimeri: fugaci e transitori, vivono in quel momento, dunque documentarle è un’operazione complessa», spiega Simona Scattina, ricercatrice in Discipline dello Spettacolo al Dipartimento di Scienze umanistiche e coordinatrice del progetto.
Per farlo, è stata realizzata Memart, una piattaforma web aperta a studiose, studiosi e semplici curiosi, che si configura come uno strumento per ospitare, documentare, studiare il contemporaneo attraverso i racconti di alcune eccellenze del panorama artistico siciliano.
«Al momento, Memart ospita due artisti, Giovanna Brogna Sonnino e Roberto Zappalà, che hanno aperto le porte del loro laboratorio e ci hanno raccontato perché e come creano, quali strumenti hanno a disposizione, gli spazi in cui avviene il loro processo creativo. Lo studio di ciò che ha portato a quell’opera o performance può essere utile a ricostruirne il processo e, attraverso la raccolta della documentazione, può rappresentare una nuova frontiera anche negli studi di archivistica e per quanto riguarda il recupero delle memorie degli artisti».
È un progetto importante perché «attraverso i casi studio, si potranno constatare anche le trasformazioni prodotte dalla tecnologia come elementi di rottura e continuità col passato. Sarà dunque possibile capire dove stiamo andando, dove sta andando la ricerca e in che modo le nuove tecnologie possano rinforzare alcune forme di studio e di analisi».
Postyt: i segreti della decorazione ceramica di Priniàs (Creta)
Il progettoPostyt- Pottery Styles in Transition, coordinato da Eleonora Pappalardo, docente di Archeologia classica al Dipartimento di Scienze della Formazione, si è proposto di realizzare un database della produzione decorativa su ceramica della II metà del IX secolo a.C. rivenuta a Creta, nel sito di Priniàs, dove l’Università di Catania scava dal 1969.
«I risultati della ricerca centrano gli obiettivi prefissati – spiega la prof.ssa Pappalardo - ovvero il campionamento di tutti i motivi decorativi che si riscontrano in questa particolare produzione, limitata solo all’isola di Creta e che ha una caratteristica precisa: nel contesto di decorazione ceramica geometrica che caratterizza la Grecia continentale nel periodo definito, appunto, “geometrico”, a Creta, per circa 50 anni, vi è una produzione ceramica con decorazione a mano libera, quasi naturalistica, che sembra richiamare i motivi decorativi della ceramica minoica dell’età del bronzo».
Questa particolare produzione «si è sviluppata soprattutto a Cnosso e Priniàs e si ritrova quasi esclusivamente in vasi utilizzati con funzione di urna cineraria. Ci si chiede se questo tipo particolare di decorazioni fosse riservata alle urne di personaggi specifici del contesto sociale o se può configurarsi come l’esito dei rinnovati contatti col vicino Oriente, da cui arrivano molti oggetti con decorazione a mano libera».
I cambiamenti, infatti, come la storia del genere umano testimonia, avvengono principalmente per due motivi: per sperimentazione interna, ovvero la scoperta di qualcosa; o per contatto con altre culture.
«Noi umanisti partiamo dagli oggetti per ricostruire il comportamento umano, che implica anche ricostruire i processi storici che sono alla base – prosegue la Pappalardo.
«L’archeologia riporta in luce ciò che noi eravamo: c’è un continuum eterno tra l’uomo di Creta e l’uomo contemporaneo. Noi siamo attratti non tanto dall’estetica degli oggetti del passato, quanto dalla parte umana che vi sta dietro. Quando andiamo a Pompei, più della bellezza del luogo o dell’architettura degli edifici ci colpiscono i calchi in gesso delle persone uccise dall’eruzione. Noi cerchiamo ciò che di umano c’è negli oggetti e nei reperti, perché quello che ci interessa è vedere noi stessi proiettati migliaia di anni fa».
Lo stand espositivo del Dipartimento di Scienze della Formazione
Geco_Act: un ponte tra discipline per affrontare le emergenze
Storia delle dottrine politiche, diritto internazionale, sociologia della comunicazione e geografia economica: l’interdisciplinarietà caratterizza il progetto di ricercaGECO_ACT. Sviluppo locale e Comunità tra emergenze ambientali, sociali e sanitarie: comunicazione, diritto, pensiero politico e territorio alla prova del Sars-Cov-2, curato dal Dipartimento di Scienze politiche e sociali.
«La varietà delle discipline coinvolte ci ha consentito di fare un ragionamento e di scomporre il problema, analizzandolo da molteplici punti di vista – spiega il prof. Gianni Petino, docente di Geografia economico-politica e coordinatore del progetto. «Il focus è “come si reagisce a shock avversi, come una pandemia o una calamità naturale?”
Il progetto mira ad approfondire e diffondere la conoscenza delle strategie e delle politiche di intervento, gestione e comunicazione in materia di emergenze sociali, economiche e ambientali.
Ci sono emergenze che costringono a fare dei ragionamenti. «Quando, come nel caso del COVID, la gente è obbligata a stare a casa e a tenere la mascherina, ci si scopre diversi, fragili, e si evidenziano anche delle differenze: chi abita in città è più avvantaggiato rispetto a chi vive in posti isolati, ha più connessioni, patisce meno il distacco e la solitudine - spiega il docente -. Nel caso di terremoti o eruzioni vulcaniche, non si può non tenere conto dell’aspetto antropologico e sociologico, perché ci sono popolazioni che potrebbero dover essere spostate. Bisogna quindi entrare “dentro” le persone, nelle loro case, nella loro identità territoriale, lavorare con loro e spiegare che, per ricominciare a vivere, devono apportare alcuni cambiamenti nelle loro abitudini».
Il progetto ha consentito di comprendere meglio come il Covid-19 ha colpito diverse zone d'Italia, in che modo le informazioni sul virus sono state diffuse al pubblico, quali sono state le conseguenze legali e normative della pandemia e come questa ha influenzato il modo in cui pensiamo alla politica e alla società.
La ricerca ha evidenziato anche la necessità di tenere conto del contesto territoriale e di utilizzare una comunicazione meno terroristica e più rassicurante: «le persone hanno bisogno essere informate e non terrorizzate, onde evitare atteggiamenti di resistenza e di rifiuto».
Gioie: le emerging news nell'era dell'informazione digitale
Giornalismo Online. Big Data, emerging news e polarizzazione (Gioie), proposto dai dipartimenti di Scienze umanistiche e Scienze politiche e sociali e coordinato dai docenti Marco Venuti (Disum) e Giovanni Giuffrida (Dsps), è un progetto multidisciplinare finalizzato all’osservazione delle emerging news, ovvero notizie che riescono a trainare per lunghi periodi di tempo l’informazione e arrivano a monopolizzare la produzione di altre notizie.
«L’obiettivo del progetto è capire come le persone assimilano le notizie dai quotidiani online e come queste vengano rielaborate all’interno di spazi sociali, spiega Claudia Cantale, ricercatrice di Sociologia dei processi culturali e comunicativi al Dipartimento di Scienze umanistiche. «Concentrandoci sulle storie sul COVID-19 generate dagli utenti del web su piattaforme come Wattpad o Tik Tok, sono emersi riferimenti alla politica italiana rielaborati attraverso una riscrittura narrativa, non aderenti alla realtà», ha aggiunto.
Attraverso l’analisi di "big data" (le notizie più popolari su giornali e social media), "small data" (il modo in cui le persone interagivano con queste notizie su piattaforme come Wattpad) e tramite l’utilizzo di metodi di ricerca digitali, si è visto che «le persone sui social media si appropriano e rielaborano le notizie in modi diversi. Alcune piattaforme, come Wattpad, possono creare "bolle" informative dove le persone vedono solo informazioni che confermano le loro opinioni, il che può portare a una disconnessione dalla realtà. Le notizie che circolano su tali piattaforme, in sostanza, viaggiano su binari diversi rispetto all’informazione vera e propria».
Un risultato recente sulle emerging news ha mostrato come sia possibile valutare anche lo stato di comprensione e reazione delle notizie da parte dei lettori. «Questo dato ci fornisce materiale valutativo per stimare l’impatto delle emerging news, e per valutare anche il tipo di linguaggio più adatto a condividere specifiche notizie».
Alcune di queste piattaforme possono diffondere idee sbagliate (falsi miti) su argomenti come vaccini, elezioni e immigrazione. Analizzandole si può capire, in prospettiva, cosa succede nella società, e dare una spiegazione alle ansie collettive, ai fenomeni di panico morale, esaminati attraverso narrative alimentate dalle piattaforme.