20 giorni a Mariupol

Al Dipartimento di Scienze politiche e sociali è stato presentato il documentario di Mstyslaw Chernov

Valentina Ribellino

“Alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina, una squadra di giornalisti entra nella città portuale di Mariupol. Durante il successivo assedio, mentre cadono le bombe, gli abitanti fuggono e l’accesso a elettricità, cibo e acqua è interrotto, i reporter, unici rimasti, lottano per raccontare le atrocità della guerra, finché circondati dai soldati russi si rifugiano in un ospedale, in trappola. Le loro immagini, diffuse dai media mondiali, documentano morte e distruzione, e smentiranno la disinformazione russa. Di fronte a tanto dolore il regista e giornalista ucraino Mstyslav Chernov si chiede se filmare ancora possa fare qualche differenza, ma sono gli stessi cittadini di Mariupol a implorarlo di continuare, perché il mondo sia testimone”.

Si presenta così il documentario 20 giorni a Mariupol di Mstyslaw Chernov che nei giorni scorsi è stato il protagonista dell’evento nell’aula conferenze di via Gravina al Dipartimento di Scienze politiche e sociali.

La proiezione – che ha registrato la presenza di 300 studenti - è stato voluto e organizzato da una serie di attori, a partire dall’associazione Gerta Human reports (agenzia fotografica e scuola sperimentale) che ha contattato la sua omologa ucraina ArtUaGe proponendogli di proiettare il documentario nei locali dell’Università di Catania.

A sostenere l’iniziativa è stata l’Associazione Nazionale Oltre Le Frontiere di Catania (Anolf) che ha acquisito i diritti del documentario. Alla conferenza sono intervenuti anche la prof.ssa Pinella di Gregorio, direttrice del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, Simone Rinaldi, dottorando in Scienze politiche e analista del conflitto russo-ucraino, e Angelo Di Giorgio, fotoreporter di guerra nonché presidente di Gerta Human Reports.

20 giorni a Mariupol ha vinto il premio Oscar nel 2024 come miglior documentario. Il reporter ucraino Mstyslaw Chernov ha fotografato un inedito spaccato di “vita quotidiana” del popolo ucraino, in particolare degli abitanti di Mariupol, durante l’assedio russo della città.

Il tavolo dei relatori

Il tavolo dei relatori

L’inizio del documentario non lascia spazio a convenevoli, le truppe russe sono quasi vicine alla città mentre le abitazioni civili vengono bombardate.

Ben presto le necessità primarie come l’elettricità e il cibo vengono a mancare ma, soprattutto, è l’assenza di medicine e antidolorifici che rende complesse, se non impossibili, le operazioni di salvataggio dei feriti che vengono portati nell’unico ospedale della città.

Il reporter filma con orrore e profondo dolore le immagini strazianti di vittime innocenti: un bambino di appena due anni, una donna incinta (deceduta insieme al suo bambino mai nato) e un ragazzo di 16 anni morto mentre giocava a pallone.

L’accerchiamento della città da parte dei carri armati russi costringe Chernov, così come i soldati e i civili, a rifugiarsi all’ospedale, l’unico posto considerato sicuro, dove il reporter assiste ai bombardamenti dei palazzi dall’alto di una finestra.

Ma la verità è che nessun luogo è sicuro a Mariupol o in Ucraina, infatti, alla fine del documentario (e dei venti giorni di Chernov in città) il reporter deve abbandonare la città e i suoi abitanti per cercare di mettere in salvo le immagini e i video che testimonieranno l’orrore nei telegiornali europei e globali.

Alla conferenza hanno partecipato la famiglia Losiakov, genitori e figlia, che hanno raccontato i loro ricordi drammatici di quelle giornate a Mariupol fino alla fuga e all’arrivo in Sicilia.

Un frame del documentario

Un frame del documentario

Attraverso le parole della professoressa Stefania Mazzone, docente di Storia del pensiero politico e di teorie e tecniche del fotogiornalismo umanistico e sociale all’Università di Catania, è stata riportata una dichiarazione del regista Chernov.

«Quando ero adolescente in Ucraina, nella città di Kharkiv, a soli 20 miglia dal confine russo, come parte del programma scolastico ho imparato a maneggiare una pistola – si legge nella dichiarazione del regista Chernov -. Ma sembrava inutile: l'Ucraina, pensavo, era circondata da amici. Da allora ho seguito le guerre in Iraq, Afghanistan e nel territorio conteso del Nagorno Karabakh, cercando di mostrare al mondo la devastazione in diretta».

«Ma quando nell'inverno 2022 gli americani e poi gli europei hanno evacuato il personale delle loro ambasciate dalla città di Kiev, e ho analizzato sulle mappe l’assembramento delle truppe russe proprio di fronte alla mia città, non ho potuto che pensare: Oh mio povero Paese – aggiunge Chernov -. Nei primi giorni di guerra, i russi hanno bombardato l'enorme Piazza della Libertà di Kharkiv, dove avevo passato i miei vent’anni».

In foto da sinistra Stefania Mazzone e Simone Rinaldi

In foto da sinistra Stefania Mazzone e Simone Rinaldi

«Sapevo che le forze russe avrebbero considerato la città portuale orientale di Mariupol come una conquista strategica, per la sua posizione sul Mar d'Azov – continua -. Così la sera del 23 febbraio mi sono diretto lì insieme al mio collega Evgeniy Maloletka, fotografo ucraino dell'Associated Press, con il suo furgone Volkswagen bianco. Durante il tragitto, ci siamo preoccupati di non avere abbastanza ruote di scorta, e abbiamo trovato online un uomo nelle vicinanze, disposto a vendercele. Abbiamo spiegato a lui e ad un cassiere del negozio di alimentari aperto tutta la notte che ci stavamo preparando alla guerra. Ci hanno guardato come se fossimo pazzi. Arrivammo a Mariupol alle 3:30. La guerra iniziò un'ora dopo».

A seguire Simone Rinaldi, dottorando in Scienze politiche e analista del conflitto russo-ucraino è intervenuto inquadrando in termini tecnici il significato militare e strategico dell’assedio in senso storico e politico, rilevando le caratteristiche di un conflitto ibrido dove la propaganda svolge un ruolo centrale nella vicenda bellica. 

E il presidente di Gerta Human Reports, Angelo Di Giorgio, fotoreporter di guerra, ha evidenziato il ruolo fondamentale di chi la guerra la racconta e la vive attraverso le immagini, in una posizione che non può essere obiettiva nella misura in cui non parteggi per l’umanità.

A conclusione dell’incontro, la professoressa Stefania Mazzone, nel ringraziare la presidente dell’associazione ucraina ArtUaGe, Svitlana Vavilina, e l’interprete Liuda Sadkivska, ha rinnovato «l’impegno del Dipartimento di Scienze politiche e sociali e dell’Università di Catania in favore della popolazione ucraina».

Gli studenti presenti all'incontro

Gli studenti presenti all'incontro