L’appello del card. Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei e inviato del Papa in Ucraina e Russia, che a Catania ha ricevuto la laurea honoris causa in Global Politics and Euro-Mediterranean Relations: “Per contrastare terrorismi e immigrazioni, la strada del dialogo e della cooperazione”
«La pace, che tutti noi abbiamo ereditato dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, ha bisogno di manutenzione. Non dobbiamo darla per scontata, dobbiamo lavorare affinché ciò che noi chiamiamo pace non sia invece soltanto una tregua. Se vogliamo la pace, dobbiamo affermare la forza del diritto, non quella delle armi, investendo tanto sulle realtà nazionali che possono garantire la composizione multilaterale dei conflitti e la cooperazione lungimirante tra i popoli e gli Stati».
È questo uno dei tanti messaggi lanciati dal presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi, nella premessa alla lectio magistralis tenuta questa mattina all’Università di Catania, al termine della cerimonia per il conferimento della laurea honoris causa in Global Politics and Euro-Mediterranean Relations, un corso di studi magistrale del dipartimento di Scienze politiche e sociali.
Un momento dell'intervento del card. Matteo Maria Zuppi
Cerimonia solenne, nell’aula magna del Palazzo centrale, alla quale hanno assistito anche il ministro Nello Musumeci, il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, l’arcivescovo metropolita di Catania Luigi Renna, il prefetto Maria Carmela Librizzi e numerose altre autorità religiose, accademiche, civili e militari, preceduta dal corteo della commissione composta dai direttori dei dipartimenti e intervallata da alcuni brani eseguiti da allievi del Conservatorio “Vincenzo Bellini” di Catania.
L’intervento del cardinale Zuppi, che ha ricevuto in dono dall’Ateneo un antico volume, l’edizione ottocentesca dei Discorsi sulla Storia antica della Sicilia di Vincenzo Natale, è stato incentrato sul presente e sul futuro delle relazioni euro-mediterranee, guardando in particolare al ritorno dell’annosa contesa dei conflitti arabo-israeliani che rischia addirittura di incendiare tutto il Medio Oriente a partire dal Mar Rosso.
«Dopo l’Ucraina ecco la Palestina – ha osservato riagganciandosi al suo incipit -: ogni volta che ci addormentiamo, che dimentichiamo di risolvere una crisi, essa riesplode con violenza maggiore. L’attacco del 7 ottobre 2023 si potrebbe definire un altro 11 settembre, dopo per almeno due decenni la questione palestinese era stata dimenticata».
Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo
Introducendo la cerimonia, il rettore Francesco Priolo ha voluto ricordare, «l’instancabile impegno del cardinale Zuppi, inviato speciale di Papa Francesco in Ucraina, a favore del dialogo come strumento di composizione dei conflitti e della cooperazione come metodo di gestione delle relazioni internazionali, nonché per il continuo lavoro svolto a favore della tutela dei diritti umani e della pace. Il riconoscimento accademico di Unict serve perciò a ribadire ancora una volta l’interesse del nostro Ateneo e della nostra comunità scientifica e umana alla promozione della pace internazionale, facendo leva sulla duplice valenza convintamente europea e profondamente mediterranea dell’area in cui siamo chiamati a vivere ed operare».
«Il Mare che ci circonda – ha aggiunto la direttrice del dipartimento Pinella Di Gregorio, leggendo il dispositivo del conferimento della laurea honoris causa - è luogo di incontri e scambi, ma anche spazio di conflitti e integrazioni, temi questi che rappresentano la cifra dell’impegno del Cardinale Matteo Maria Zuppi, e che chiamano tutti noi a sfide oggi più che mai stringenti».
«Riconosciamo le sue qualità di studioso di problemi cruciali del mondo contemporaneo – ha sottolineato Fulvio Attinà, professore emerito di Scienza politica nella ‘laudatio’ dell’illustre laureato – oltre alle sue opere meritevoli in questo e altri campi. Da lui viene l’invito a sostituire ‘pratiche consuete’ di governo e di azione politica che non sono più accettabili né adeguate agli scopi e ai tempi, per affrontare problemi cruciali del mondo, in un’area – quella mediterranea – dove si incontrano due mondi, ahimè, “diseguali” nell’affrontare questi problemi. È quello che Matteo Zuppi ricorda quando sostituisce Si vis pacem, para pacem al più praticato motto latino Si vis pacem, para bellum».
Il conferimento della pergamena di laurea al card. Matteo Maria Zuppi
Il cardinale Zuppi ha poi ricordato che «ogni crisi abbandonata a sé stessa non si dirime né si spegne: attende soltanto il momento per deflagrare con maggior forza. Va quindi affrontata e non lasciata corrompersi nell’oblio, altrimenti l’unico strumento resta quello delle armi, come ci confermano situazioni come la guerra armeno-azera, le tensioni in Egitto, Marocco, Algeria, Giordania, Siria Libia Yemen, Iraq, Libano, Sudan, Mali, Burkina e Niger, le quotidiane convulsioni in una macroregione che viene definita MENA e cioè Middle East North Africa, o ancora Mediterraneo allargato. Un’area che è improvvisamente tornata al centro di molti fattori di politica internazionale, al punto da costringere gli Stati europei della sponda nord ad occuparsene direttamente, soprattutto per ciò che concerne l’immigrazione e il terrorismo».
«Non esistono conflitti congelati o trascurati, guerre che si risolvono da sole – ha concluso il presidente della Cei -. Le strade da battere sono quelle del dialogo interreligioso e interculturale, del confronto politico e diplomatico tra Europa e Medio Oriente, degli aiuti ai settori produttivi di quei Paesi attraverso partenariati economici, per scongiurare le opzioni alternative (violenza, jihadismo o ribellioni etniche) o l'aumento delle migrazioni. Dobbiamo aver il coraggio di fare del cardine euro-mediterraneo il volano di una nuova espansione economica. La contrastata via alla democrazia ha bisogno urgente non solo di sicurezza e di lotta al terrorismo ma anche di pane e lavoro. Un ruolo politico a tale livello significa non solo salvare le vite degli immigrati in mare, essenziale per i nostri valori, ma anche riuscire a realizzare nei vari Paesi l’integrazione degli immigrati e soprattutto delle economie. Questa è la strada del futuro comune».