Presentato nell’aula magna del Palazzo centrale il libro di Giorgio Manganelli curato da Salvatore Silvano Nigro
«Il tema del desiderio in questo libro è preponderante. Scorrendo le lettere di questa raccolta che è stata letteralmente creata da Silvano Nigro emerge tutto quell’ibrido apparentemente inconciliabile di ciò che è etereo, anima, tonio, terragno, sulfureo, ovvero la carne, la storia d’amore tra Ebe Flamini, donna di notevole fascino, e un occhialuto signore che non è aiutato dall’aspetto fisico, ma che ha qualità che possano ben costruire attorno a lui sei-sette storie d’amore. Insomma un carteggio amoroso che diventa un vero e proprio spettacolo in cui tutti i registri del desiderio, dell’amore e della passione sono descritti con una capacità propria di un grande scrittore come Giorgio Manganelli». Pietrangelo Buttafuoco ha presentato così, con queste parole in apertura di incontro, nell'aula magna del Palazzo centrale dell'Università di Catania, il libro “Mia anima carnale. Lettere a Ebe” dello scrittore Giorgio Manganelli curato da Salvatore Silvano Nigro.
Un volume che racchiude le lettere inedite degli anni 1960-1973 di Giorgio Manganelli a Ebe Flamini, veri e propri racconti di prorompente vitalità inventiva e di sensualità rovente con cui il grande scrittore si rivela sperimentatore di linguaggi narrativi. Lettere pubblicate nel libro, in originale, completate da quelle di Ebe Flamini che fino al 26 maggio, sono esposte nella sede dell'Archivio Storico di Ateneo, al piano terra del Palazzo centrale dell’ateneo catanese.
«L’infinità delle parole, la bramosia del pensiero, sono imposte da Manganelli in queste lettere che Nigro ha scoperto e restituito a tutti noi dando conferma su un’interpretazione di Manganelli che non è semplicemente quella del letterato bensì di uno che vive profondamente il suo essere artista – ha aggiunto Buttafuoco con al fianco Salvatore Silvano Nigro -. Questa storia d’amore è fuori dal canone proprio nella città del gallismo, la nostra Catania, emerge l’asserzione ovvia e naturale che si può volere bene contemporaneamente a tante altre donne, non una, ma già due vissute in parallelo».
«In questo libro emerge la maestria di Nigro investigatore che va a ritrovare le esatte espressioni, sentimenti, l’esatto vocabolario destinato all’una e all’altro – continua il giornalista e opinionista catanese dopo i saluti del rettore Francesco Priolo e del prof. Enrico Iachello, presidente dell’Associazione Amici dell’Università di Catania -. C’è un’Italia diversa da quella di oggi, più libera di pensiero, spirito, più viva dove già lo stesso uso della capacità critica, letteraria e artistica incontra mondi anche lontani».
Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo
«Ebe viene descritta come una donna con una personalità forte, con una pulsione amorosa, un qualcosa che provoca a Manganelli un’acquolina dal particolare gusto erotico» spiega Buttafuoco prendendo spunto da una lettera in cui si legge di “Ebe fosforescente, geometrico ed è foglia”. «Mettetevi nei panni di una donna identificata in qualcosa di non banale. In Manganelli c’è un meraviglioso svolgimento basato sul suo sentimento, sul suo sentire, sulla sua passione» commenta lo scrittore catanese che poi si concentra su un’altra descrizione di Ebe tratta da un’altra lettera.
“Mia anima carnale, mia carne spirituale, mia luce tenebrosa, mia tenebra illuminosa, mia solitudine gremita, mia mandria solitaria, mia luce notturnante, mia notte luminante…” e ancora una lunga sequela di tre pagine di contrappunti, racconta Buttafuoco, a cui Ebe risponde con pochissime parole: “Mio cerchio dirompente, mia sottana circolare.”
«Si dimostra la ferale, tonia, sulfurea, silenziosa e potente prepotenza del femminile che sa ridurre tutto ciò che è in questo bisogno di innamorarsi, nel sobborgo delle piacevolezze, ci sono gli spuri fremiti di un signore occhialuto al quale domani e dopodomani e nel futuro vive questa divinità di nome Ebe. È carnalmente il nome fosforescente e geometrico di una storia d’amore totale, certo accompagnata da un’altra in parallelo, ma mondo è stato e mondo è» ha detto in chiusura Pietrangelo Buttafuoco prima di dialogare con Silvano Nigro.
Un momento dell'intervento di Pietrangelo Buttafuoco
E proprio il filologo e critico letterario in apertura del suo intervento si è soffermato sull’aspetto fisico del Manganelli evidenziandone la ‘bruttezza’ colmata con «i capolavori letterari rappresentati da queste lettere private».
«Quando è morto, al funerale dietro la bara c’era Ebe Flamini, ma anche altre 150 donne tutte vestite di nero e tutte che ritenevano di essere la vedova» racconta Nigro. «Questo libro io me lo portavo dentro da tantissimi anni avendo le carte da almeno due decenni – ha spiegato il docente universitario -. Non ho mai pubblicato nulla perché in questi 20 anni ho portato alla luce gli inediti di Manganelli per ricostruire un personaggio che era stato quasi dimenticato e che grazie a questo lavoro è diventato uno degli autori più importanti di oggi. Non a caso oggi viene anche studiato. Ci sono alcune lettere che sono grandi racconti, tanto che lui inviava le copie delle lettere alle sue amanti e teneva per se l’originale nel suo archivio. In una lettera c’è traccia anche del suo libro Hilarotragoedia che aveva cominciato a scrivere in quegli anni per poi essere pubblicato nel 1964».
«Avevo un debito nei suoi confronti, per quel viaggio in Sicilia che Manganelli, in contatto tramite me con Sciascia, voleva fare e che ha potuto fare. Entrambi, infatti, si sono ammalati nelle settimane successive e quel viaggio è rimasto un desiderio irrealizzato» ha raccontato Nigro che, dopo quest’aneddoto, è ritornato sulla storia d’amore tra Manganelli e la Flamini.
«La storia d’amore con Ebe finisce, ma non si conclude visto che lei è rimasta per tutta la vita come compagna consentendo a lui di avere tutte le amanti – continua Nigro -. Lui quando scriveva i suoi libri distribuiva le copie dattiloscritte a tutte le sue amanti, le numerava. Ho dovuto raccogliere tutto questo materiale grazie all’elenco delle sue amanti del realizzato da Ebe. Ma alla fine sono riuscito a realizzare questo libro. Ho pubblicato le lettere e nelle note ci sono anche quelle di Ebe per far capire la traiettoria della storia».
Silvano Nigro e Pietrangelo Buttafuoco
«Manganelli scriveva queste lettere e lei rispondeva, laconicamente: “Ho letto la tua lettera, incontriamoci” aggiunge sorridendo Silvano Nigro, un altro figlio dell'Università di Catania e che da questa terra è partito per un lungo viaggio che lo ha portato ad insegnare alla École Normale Supérieure di Parigi, all'Université Rabelais di Tours, alla New York University, alla Indiana University, alla Yale University, alla Scuola Normale di Pisa e allo IULM di Milano.
«Manganelli passava per uno degli scrittori illeggibili e cupi, ma si divertiva grazie ad un vocabolario che aveva costruito negli anni e talmente ampio. Manganelli ha lavorato per numerose case editrici e per ben 20 giornali. Era un consulente editoriale e ci sono negli archivi tantissime lettere divertenti che lui scriveva. I giudizi sui libri che gli facevano leggere sono dei capolavori di letteratura umoristica» ha precisato Silvano Nigro che nel 2002 ha ricevuto una laurea honoris causa dall'università di Chicago.
«È stato un grande scrittore, purtroppo non viene studiato molto anche se adesso tra i giovani è stato riscoperto. Eppure è stato un inventore di parole che io ho definito le “verbolerie di Manganelli”» ha aggiunto Silvano Nigro prima di dedicare le ultime parole del suo intervento, di ringraziamento, a Ebe Flamini che «ha permesso al suo grande amore di vivere dopo la sua morte.