La compagnia palermitana ha portato sul palcoscenico di Zō Centro Culture Contemporanee lo spettacolo L’arte della resistenza, capitolo conclusivo della trilogia Generazione Y
Quali sono le cose della tua vita che la rendono vita? Forse è questa la domanda che più ha colpito il pubblico in un turbinio continuo di emozioni, tra risate e lacrime, durante lo spettacolo L’arte della resistenza, ultimo capitolo della trilogia Generazione Y della compagnia Barbe à Papa Teatro.
Punto di forza dell’intera performance è stata la capacità degli attori di creare una forte sintonia con il pubblico, capacità che è stata acquisita con anni di intenso lavoro da parte della compagnia siciliana. Lo scopo è «rendere il pubblico partecipe, portando gli spettatori a conoscere le nostre sofferenze. Il pubblico ci segue, si appassiona e si emoziona con noi, riflette con noi, accompagnandoci nel nostro percorso di crescita», ha spiegato il regista Claudio Zappalà.
Gli interpreti irrompono in scena sulle note di Diventerai una star, pezzo del 2006 dei Finley, correndo in maniera vorticosa sul palcoscenico e trasmettendo da subito una grandissima energia.
Improvvisamente la musica lascia posto al silenzio e a due domande: «Si può fare teatro quando si è depressi? Cosa si può fare quando si è depressi?». Il tono della recita cambia, e il pubblico capisce subito che lo spettacolo si evolverà in qualcosa di più profondo. Quattro attori - Chiara Buzzone, Federica D’Amore, Totò Galati, Roberta Giordano - parlano e si confrontano, permettendo al pubblico presente in sala di entrare nel loro spazio privato e confidenziale.
Un momento dello spettacolo
I cambi d’abito in scena danno l’idea di assistere a un racconto interiore degli attori stessi, che si preparano a rappresentare il loro ultimo spettacolo interrogandosi sulle condizioni di vita degli artisti e dei lavoratori, riflettendo sulle difficoltà affrontate dalla Generazione Y, portando testimonianze personali che ben presto diventano esperienze generazionali, condivise da tutti.
Tra il ricordo di un appuntamento romantico, di documentari, di animali e di tardigradi, Totò pone agli spettatori due domande: «Quali sono le cose della tua vita che la rendono vita?». E poi, «a cosa serve rinunciare a tutto? Solo a poter dire di essere sopravvissuto?». Gli interrogativi posti dall’attore accompagnano la platea verso una riflessione corale, una presa di coscienza: «non voglio sopravvivere. Voglio vivere!». A questa semplice ma potente certezza, segue una considerazione sui tanti momenti di felicità che ciascuno vive, e si affaccia sulla scena una nuova domanda: «È forse la somma di piccoli momenti di felicità a rendere la vita felice?».
A questi passaggi riflessivi e toccanti si alternano momenti di pura festa: un conto alla rovescia per il nuovo anno viene bloccato dai pensieri degli attori, che mettono in pausa ciò che li circonda in un climax ascendente di tensione per la fine del countdown che si scioglie solo al grido di «2…1… auguri!».
Un momento dello spettacolo
All’esuberanza degli auguri fa seguito un allegro trenino al ritmo di una musica festosa, che ben presto lascia il posto a un karaoke sulle note della memorabile Strada Facendo di Claudio Baglioni: gli artisti volgono le spalle al pubblico, invitando tutti a cantare con loro e così riducendo la distanza tra scena e platea.
Dopo un grido generazionale carico di pathos, tra così tanti sogni seppelliti c’è chi non resiste alla pressione che è costretto a sopportare, e la resistenza lascia il posto alla resilienza che «presuppone anche la morte, se necessario: a volte spezzarsi può essere un gesto attivo di resistenza», afferma in fine Totò.
In attesa di tornare in scena con il nuovo spettacolo La ricerca di Danilo, i Barbe à Papa si sono congedati dal pubblico catenese sulle note di Perdere l’amore di Massimo Ranieri, regalando agli spettatori moltissimi e importanti spunti di riflessione.
La compagnia palermitana Barbe à Papa