Grazie agli scavi archeologici avviati in sinergia tra Unict e la Soprintendenza di Catania nell’ambito della linea di ricerca “Piaceri”
Un complesso sistema di cottura della ceramica composto da una fornace e un grande ambiente rettangolare funzionale alle diverse fasi di lavorazione.
È quanto “riemerso” nel corso della seconda campagna di scavi archeologici a Castiglione di Sicilia, in contrada Acquafredda-Imbischi, avviata il 10 settembre scorso, nell’ambito di una proficua sinergia tra l’ateneo catanese e la Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Catania.
Le ricerche, già inaugurate nel 2022, sono state rese possibili grazie ad una convenzione siglata nel 2020 tra i due enti, in particolar modo il Dipartimento di Scienze della Formazione per l’Università di Catania, e alla linea di intervento finanziario messe a disposizione dall’ateneo tramite il Piano Incentivi per la Ricerca “Piaceri”.
A guidare le campagne di scavi Eleonora Pappalardo, docente di archeologia classica del Disfor, per l’Università di Catania, e la dott.ssa Angela Merendino per la Soprintendenza.
«Le ricerche hanno dato risultati inattesi e di estrema rilevanza nel generale panorama archeologico siciliano. Le strutture murarie emerse l’anno scorso, infatti, si sono rivelate parte di un complesso sistema di cottura della ceramica, composto da una fornace in buono stato di conservazione, connessa ad un grande ambiente rettangolare funzionale alle diverse fasi di lavorazione», ha spiegato la prof.ssa Eleonora Pappalardo.
Un momento degli scavi nell'area archeologica di Castiglione di Sicilia
«La fornace è del tipo a diaframma, circolare e con pilastro centrale in pietra lavica di forma ottagonale; ha un diametro di quasi due metri e presenta intatto il canale di sfiatamento – aggiunge la docente -. Benché lo scarso spessore del piano di campagna abbia determinato la rimozione dei settori superiori delle murature da parte dei mezzi agricoli, è perfettamente ricostruibile nel suo schema planimetrico. Essa si connette ad un ampio vano rettangolare, probabilmente coperto da una tettoia, all’interno del quale sono stati rinvenuti gli “scarti”, costituiti da ceramica ipercotta, estremamente utili a ricostruire le tipologie vascolari in uso nel IV sec. a.C. nell’area di ricerca».
Lo scavo condotto quest’anno rientra in un più vasto progetto, che coniuga attività di ricerca e di valorizzazione.
«L’area di Castiglione di Sicilia è forse una delle più interessanti della Sicilia orientale in questo momento, poiché alla sua ricchezza, dal punto di vista delle frequentazioni in antico, corrisponde una scarsissima attività di scavo sistematico – continua la docente dell’ateneo -. Ed è questo l’obiettivo che ci siamo poste, insieme alla collega Angela Merendino: avviare un programma di indagini mirate, affinché le aree archeologiche di Castiglione di Sicilia possano entrare a far parte a pieno titolo delle “risorse” territoriali” della zona».
«Il ritrovamento di questa struttura conferma l’importanza dell’area, com’era già emerso durante le precedenti campagne di scavo condotte dalla Soprintendenza sotto la direzione del dott. Francesco Privitera negli anni’90, e colloca il sito di Castiglione in una posizione di estrema rilevanza nel panorama della Sicilia orientale di IV secolo», ha aggiunto la dott.ssa Angela Merendino della Soprintendenza di Catania.
Il team di ricercatori guidato dalla prof.ssa Eleonora Pappalardo e dalla dott.ssa Angela Merendino
Le ricerche archeologiche a Castiglione di Sicilia, dunque, costituiscono un tassello importante nella creazione di un sistema sinergico tra l’ateneo catanese e l’amministrazione comunale locale finalizzato alla promozione e fruizione di uno dei Borghi più belli d’Italia.
«Un sistema che prevede un piano di azione che coniughi la formazione dei nostri studenti, tramite attività di stage e tirocinio, con un programma di valorizzazione e promozione di Castiglione di Sicilia che, partendo dal settore vitivinicolo, esalti anche le risorse culturali e archeologiche», ci tiene a sottolineare la prof.ssa Eleonora Pappalardo.
«Quello rappresentato da Castiglione di Sicilia è un esempio virtuoso di apertura e consapevolezza dell’importanza di fare sistema – continua la docente -. Stiamo mettendo in atto un vero e proprio laboratorio, o caso studio, in cui l’Università di Catania, ente di ricerca e formazione per eccellenza, la Soprintendenza di Catania, la maggiore istituzione preposta alla tutela e alla valorizzazione, e l’amministrazione comunale di Castiglione lavorano a braccetto, per competenze, perseguendo un obiettivo comune: lo sviluppo culturale e turistico del territorio».
Per il raggiungimento di questi obiettivi si è rivelata fondamentale la piena collaborazione della commissione straordinaria, guidata dal viceprefetto Maria Salerno, che ha messo a disposizione i locali per lo svolgimento delle attività di magazzino in cui gli studenti del Dipartimento di Scienze della formazione, quotidianamente, hanno seguito le diverse fasi della classificazione e catalogazione della ceramica.
Alcuni frammenti della fornace riportati in luce
Lo scavo archeologico, infatti, costituisce un momento formativo unico in cui, a diversi livelli, si entra in contatto col passato attraverso l’attività sul campo e il contatto diretto coi reperti.
L’esperienza di Castiglione di Sicilia conferma come la collaborazione tra Università e Soprintendenza riveli l’efficacia di una visione unica, non frammentata, delle ricchezze del nostro territorio e sottolinea l’importanza del patrimonio archeologico come strumento di sviluppo, oltre che culturale, sociale, identitario e turistico.
Hanno partecipato allo scavo gli studenti dell’ateneo catanese Salvo Palmisciano, Chiara Ansini, Oriana Modica, Giuseppe Gucciardello, Diego Fiscella e Marie Solange Rosoanantenaina e dell’Università di Bologna Leonardo Sgroi.
Attività che hanno visto sul campo il coordinatore e responsabile dei rilievi Livio Idà (assegnista di ricerca del Disfor), la responsabile di magazzino Myriam Vaccaro (dottoranda del Disfor), la responsabile della documentazione e del database Anna Maria De Luca (dottoranda del Disfor) e il responsabile della logistica Domenico Torrisi (Disfor).